Recensione di Carlangelo Mauro a -Verga, Pirandello e altri siciliani – di Giuseppe Rando
GIUSEPPE RANDO
Verga, Pirandello e altri siciliani
Franco Angeli
Milano 2014
(pp.280, €30,00)
Leggendo questa luminosa monografia siciliana che onora davvero gli studi letterari, si deduce innanzi tutto che Giuseppe Rando scrive e pubblica solo quando ha qualcosa di nuovo da aggiungere a quel che già si sa: non liscia mai i testi, non li imbelletta (il suo metodo è decisamente antibellettristico), non li riscrive con altre parole; diresti che se ne innamora e non si stanca di approfondirne la conoscenza.
Nel primo capitolo della sezione verghiana (Verga e la Scapigliatura), Rando contesta la tesi crociana e marxista della presunta natura romantica e autobiografica dei romanzi minori (fiorentini e milanesi) del grande Catanese, dimostrando che essi sono, invece, tessere dell’unico, vasto progetto narrativo che l’autore perseguì per più di un quarantennio: la rappresentazione della società italiana postunitaria e l’avvertenza – prepasoliniana, si direbbe – del rischio della perdita, da parte dei giovani meridionali (affascinati dalle sirene della cultura libertina, torinese-sabauda, o soffocati dalla cultura piccolo borghese dominante o attratti dai miti scapigliati), della loro identità culturale. Nel secondo capitolo della stessa sezione (L’elaborazione di “Fantasticheria”), Rando ricostruisce, su basi filologiche, la storia del testo di Fantasticheria, dimostrando che è la famosa novella che si modella sul romanzo di Padron ‘Ntoni (e non il contrario, come si è creduto): non può quindi essere assunta come «cartone dei Malavoglia», da un lato, e il messaggio dei Malavoglia non è riducibile all’«ideale dell’ostrica», dall’altro.
Segue un’arguta ricerca filologica, di prima mano, su un «notaro di troppo», che Rando, per primo, scorge nelle pagine del Mastro-don Gesualdo.
Chiude la sezione verghiana la prima esaustiva analisi delle successive transcodifiche della Lupa ( da novella a dramma e da dramma a opera lirica).
Nella sezione pirandelliana del libro, Rando presenta dapprima una disamina serrata delle novelle siciliane di Pirandello, senza alcuna indulgenza al pirandellismo, facendo emergere la situazione contraddittoria in cui viene a trovarsi il genio Agrigentino, che sta dalla parte delle donne siciliane del primo Novecento (soffocate dalla cultura maschilista del tempo), ma prende le distanze dalle donne che si ribellano alla tirannia familiare o che mostrano di condividere le istanze del protofemminismo (con una sola eccezione: la stupenda favola di Rondone e Rondinella). Segue la prima analisi, in assoluto, della transcodificazione (dalle novelle matrici al dramma) di due opere significative dell’Agrigentino: Il giuoco delle parti e L’amica delle mogli. Si segnalano, in questo ambito, due nuove, notevoli acquisizioni critiche: la presenza della filosofia (della polemica anticrociana e antibergsoniana) nel Giuoco e la presenza della polemica antifemminista nell’Amica.
Nell’ultima sezione, Giuseppe Rando presenta analisi puntuali, sempre di prima mano e senza paraocchi, di opere di scrittori siciliani dell’Otto-Novecento che si muovono nel solco di Verga. Lo studioso recupera, dapprima, dalle pagine dei giornali della Scapigliatura, alcune splendide Novelle disperse di Enrico Onufrio e indaga sugli scritti giornalistici del giovane palermitano, amico-allievo di Verga, critico letterario e intellettuale democratico-socialista impegnato anche contro la Mafia siciliana. Offre, quindi, un’interessante interpretazione della trilogia “fantastica” di Camilleri e scandaglia, con gli strumenti della filologia e della critica psicanalitica ed ermeneutica, il rapporto Camilleri-Pirandello-Montalbano. Documenta, infine, magistralmente, una (finora sconosciuta) componente nietzschiana ed heideggeriana in Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo.
Carlangelo Mauro