INTERVISTA ALLO SCRITTORE CARMELO ALIBERTI SUL SUO RECENTE ROMANZO “BRICIOLE DI UN SOGNO” BASTOGILIBRI,ROMA-LUGLIO 2021
(Il romanzo dalla civiltà contadina alla schiavitù della globalizzazione)
Di LUCIO ZANIBONI-
D. Carmelo Aliberti sul romanziere Carmelo Aliberti? La dicotomia (antinomia fra critico e autore) ha generato travaglio spirituale o si è risolto naturalmente?
R. L ‘attività dell’analisi critica della produzione letteraria, che mi ha impegnato quotidianamente, prima per adorazione, poi come scelta professionale ,sia fin dai 14 anni e poi nei quaranta anni di appassionato impegno scolastico per l’ intera esistenza, hanno convissuto simbioticamente nei convulsi sentieri della mente e nelle pulsioni del cuore. Infatti, dopo aver incominciato a leggere le opere di Alberto Moravia dagli “Indifferenti” ad “Agostino” , mi sentii stordito da una realtà opposta e dolorosa alla mia giovanissima età. Allora cominciai ad interrogarmi su quale devastazione avrebbe provocato in me la continuazione della lettura di romanzi. A scuola ,l’insegnante di Italiano, anzicchè guidarmi nella scelta dei libri da leggere alla mia età, mi imponeva di non leggere libri devastanti come quelli di Moravia. Intanto io, che bruciavo dal desiderio di navigare con la fantasia nella lettura, accresciuto dalla lettura de La Fiera Letteraria che incominciai a conoscere per averla vista esposta nella vetrina di una edicola barcellonese. Attratto dai titoli accattivanti dei romanzi che uscivano settimanalmente, scoprii la varietà tematica dei vari autori, deducendo che,in effetti, i libri erano il rispecchia- mento della vita individuale e collettiva,che gli scrittori e i poeti, riuscivano a rappresentare con la loro capacità espressiva in racconto riversato sulla pagina.
In quegli anni si accendeva il dibattito sulla crisi della letteratura ispirata dalle diverse anime ideologiche degli scrittori che avevano combattuto contro il nazifascismo per liberarsi dalla schiavitù assoluta che aveva devastato l’Europa e il mondo, in seguito alla disumana macelleria sociale e collettiva, che aveva ridotto in cenere la vita umana tra incredibili torture. In quel momento memorabile della storia, sentii innalzarsi tra notizie di stermini, tra montagne di morti e tra fiumi inestinguibili di sangue, impallidito sotto le eruzioni di fumo nero che si espandeva nel cielo da Fossoli , alla Risiera di S.Saba,fino a disciogliersi nei cieli di Mathausen, Dachau Auschuvitz, schiudersi le labbra in un fremito di luce e un alito di irresistibile profumo invase la stanzetta umile e triste della mia infanzia .Quell’inconfondibile profumo non mi abbandonò più. Pensai che già era primavera, i fiori di pesco e di ciliegio emanavano un irresistibile odore di vita. Guardavo fuori, seppellito nel buio ammuffito della mia modesta stanzetta, quando improvvisa la voce della madre irruppe nelle mie orecchie invitandomi in cucina ad assaporare il nuovo miele che Le era stato donato dalla comare vicina, che Lei aveva accompagnato a ritirare le bische, già stillanti d’oro, con il volto e il capo coperti da una fitta rete, per proteggersi dall’assalto dei pungiglioni delle api ronzanti e sciamate come impazzite dagli alveari Avevamo trascorso giorni di fame e di terrore al rombo degli arerei tedeschi che in ritirata sembravano assatanati nella devastazione di edifici, casupole per gli animali e baracche dei contadini, ma quella mattina, la calda voce di mia madre mi faceva ben sperare. Con un sorriso pieno di gioia mi offrì una fetta di pane fresco spalmata di miele dorato trasparente, incoraggiandomi a mangiarla, sussurrandomi che la bufera era passata e che sarebbero incominciate per noi, che avevamo sempre pregato il Creatore di tutte le cose esistenti, che ora dopo gli anni bui, sarebbero iniziate a sorgere giornate radiose, perché Dio in cui avevamo sempre creduto, aveva nella sofferenza preparato per noi, l’alba di un nuovo giorno. A scuola il Maestro, entrando in classe, ci faceva ripetere le consuete preghiere e, forse per infonderci coraggio, riempiva il nostro tempo scolastico con costanti letture evasive, ma ricche di intrecci affettivi tra i personaggi. Tra le tante poesie, primeggiavano quelli di Pascoli e di Ungaretti, quelle definite ermetiche, che erano invece di una penetrante e confortante chiarezza espressiva, che penetravano nel mio cuore come una fresca e dolce lama di affetto e di sollievo. Un giorno, come faceva sempre dopo le letture, seguite da spontanee .osservazioni fatte in classe, ci assegnò, come compito da svolgere a casa, di scrivere una lettera a nostra madre, confidandole i nostri pensieri e i nostri sogni. Io amavo incondizionatamente mia madre, ma stentavo a scrivere i sentimenti che mi turbinavano dentro, perciò, ad un certo punto, incominciai a singhiozzare sempre più intensamente. Ecco che con passo felpato, mia madre sostò ad ascoltare dietro la porta, ma io non riuscii a smorzare il mio pianto, tanto che Lei si affacciò nella stanza e con la soavità della voce, mi chiese:” Perché piangi, ti senti forse male? Dillo alla tua mammina. Io ti aiuterò a non piangere più” e allungò la mano sulla mia guancia accompagnandola con una carezza. Mi strinse al petto, come faceva quando io dovevo allattare alle sue mammelle e, anche se tentai di rassicurarla che non mi era successo nulla di male il mio cuoricino pulsava senza freni, per cui lei allarmata, insistette per poter capire il vero significato di quella imprevista paura. Colpito dalla sua tenera sollecitazione, le confessai di aver visto due mostri che si azzannavano sulle acque ribollenti del mare vicino.. Allora, mi abbracciò con maggiore intensità ed io avvertii un intenso calore del suo corpo penetrare nel mio sangue che mi fece tornare alla realtà”: Ora tutto è passato, ti regalo questa collanina con il crocifisso, che mi regalò mia madre ,prima di andarsene”: Portalo sempre con te e essa ti proteggerà da ogni male”. Ora io l’affido a te, sarà lo scudo che ti renderà più forte in ogni difficoltà.” Turbata ma interiormente serena.si avviò a svolgere gli impegni quotidiani. Mi sentii protetto dalle sue manifestazioni d’amore e improvvisamente sentii respirare in me un gorgoglio di parole d’amore, cui non avevo mai pensato. Scrissi a lungo,come se la mano fosse guidata da un dio segreto. Il giorno dopo in classe, il Maestro, dopo aver letto ciò che avevo scritto inconsciamente, mi chiamò alla cattedra e ,rivolgendosi alla classe, scandì con un sorriso le seguenti parole:” Cari ragazzi, sappiate che in classe abbiamo un giovane vero poeta. Ascoltate la lettura del suo componimento che è una commovente poesia dedicata alla Madre”. Io arrossii e incominciai a tremare, non so se per quelle illuminanti parole o per la paura di leggere e di sbagliare. L’incoraggiante applauso dei compagni mi spinse a varcare la soglia delle difficoltà ed io con voce trepidante riuscii ad arrivare alla fine della mia lettura.
D: Quanto ha pesato il giudizio del Critico Letterario Carmelo Aliberti sul romanziere Carmelo Aliberti? La dicotomia (antinomia fra critico e autore) ha generato travaglio spirituale o si è risolto naturalmente?
R. “Briciole di un sogno” è nato e si è sviluppato dentro di me da quel seme lontano cresciuto tra le lacrime, consolate da mia madre, sul binario della mia maturazione professionale e l’analisi critica programmata con una metodologia di scelte dei romanzi e delle raccolte poetiche, coeve all’uscita delle opere dei vari autori italiani. La passione per la lettura è nata in me, seguendo le rare manifestazioni, elaborate dai pochi e coraggiosi autori, impegnati a loro spese, nella divulgazione della cultura nell’intero Sud. Particolarmente mi colpì una relazione sull’opera di Verga, che improvvisamente suscitò in me commozione e turbamento, tanto che i suoi “Vinti”, divennero i miei compagni e stimolarono la scintilla di una profonda riflessione sui “vinti” del mio paese, da sempre sfruttati e condannati ad una eterna schiavitù e ad essere vittime inermi di ogni sopruso. Compresi anche la forza della cultura, insostituibile nella denuncia sociale e nell’eroica lotta per la maturazione di una nuova coscienza e conoscenza dei diritti naturali e civili, sempre ignorati dalla congregazione del “patronato feudale”, attento a soffocare nel sangue ogni bava di dissenso. Intanto intensificavo le mie esplorazioni critiche e avvertivo una lucidità di lettura, che faceva rivivere nei miei sentimenti i percorsi interiori dei protagonisti dei romanzi e il grido lacerante dei poeti, che travolgevano in me i confini del realismo e mi spingevano a endoscopizzare le ragioni profonde del loro soffrire inconsolato, per l’emarginazione, a cui li aveva condannati il potere plutocratico, che era sordo alle istanze di sostegno della loro missione divulgativa dei grandi valori geneticamente incarnati nel cuore di ogni uomo, inerme per poterli fare emergere dal buio interiore, ormai resi eunuchi del pensiero. L’orizzonte dei miei interessi di ricerca si ampliava con l’intensità delle letture ed io dovetti ricorrere a trascrivere in un’agenda, il microcosmo dell’opera degli autori scrutinati. Le immersione nel sotterraneo laboratorio degli scrittori e dei poeti continuavano a farmi sentire più forte e ad impugnare la penna per scrivere i sentimenti di dolore provati dalle vittime di un sistema che, dopo duemila anni di evangelizzazione cristiana, non aveva recepito gli altissimi valori, certamente intrisi di istanze rivoluzionarie e pacifiche, ma invasi dal sogno di vedere realizzata la società dell’amore e della fratellanza, in un contesto di convivenza e di riconoscimento della dignità di creature umane, avide di libertà e di giustizia e sognanti di poter vedere realizzata sulla terra la società celeste. Il grande scrittore Michele Prisco contribuì alla mia completa formazione, insegnando che la verità della vita deve essere cercata con immersione determinata nei labirinti del sottosuolo dell’io, dove si annidano i lemuri che determinano il nostro destino e restituiscono all’uomo la possibilità del riscatto degli errori dei protagonisti della sua narrativa. Le conversazioni con lui, quando lo invitavo a venire nelle scuole per conversare sui suoi romanzi in uscita, contribuirono a definire la mia completa maturazione e scatenarono in me l’assoluta urgenza di scrivere, non più per me, ma per gli altri. Il misurare le idee della mia formazione con i moltissimi autori già analizzati, scoprivo che la sterile stagione degli ismi era stata sommersa dalle tendenze emergenti di una nuova narrativa, appigliata in molti casi ai teoremi narrativi della tradizione, prendendo le distanze dalla incandescente realtà della società italiana, rifugiandosi volontariamente sull’Aventino culturale, creando opere su frammenti di vita individuale che non infastidivano il sistema neocapitalistico, globalizzatore del mondo del lavoro a prezzi irrisori e, perciò molto redditizio per le classi al potere, stava tracciando, con la complicità del silenzio della carta stampata e dei mass-media, già di proprietà del neopatriziato industriale e agrario, un sistema di regime politico finanziario, che stava spazzando via ogni spazio di libertà per eventuali progressi sociali. La morte della democrazia mi spinse alla scelta della libertà. Perciò, incominciai a scrivere “Briciole di un sogno” che nacque da un furore interiore, con cui mi proposi di riesumare un mondo di ricordi felici, vissuti nel contesto sociale della povertà contadina, dove si era sempre pronti ad affrontare grandi sacrifici, per l’amore della famiglia o per evidenziare l’ideale della solidarietà verso chi non possedeva nemmeno un tetto, ma solo pagliai sul capo, né pane per sfamarsi. I cittadini di quella oasi di umanità, si ritrovavano insieme nell’arare la terra, o nella raccolta delle olive o nella tosa degli ovini o nello scambiarsi il pane caldo con spontanea generosità. Allora, il mio romanzo velocemente cresceva, sgorgando dal mio percorso interiore e sostenuto dai valori della letteratura, per cui non ci fu antinomia sui binari della mia narrazione, ma un solidale sostegno ideale, che naturalmente si trasformò in messaggio universale, impregnato dai valori del Cristianesimo che sono biologici nella coscienza razionale di ogni essere. Io, talvolta, mi sentivo isolato e mortificato in una società totalmente genuflessa a servire i nuovi padroni e reagivo con furore verso le camarille giornalistiche che organizzavano falsi dossier per distruggere l’avversario politico, trasformandosi da paladini della libertà, in plagiatori di cervelli, a vantaggio del verminaio politico affiliato. Non potevo sopportare di veder cancellare dalla storia il plurimillenario percorso di schiavitù e di massacro di tanti innocenti figli di Dio che cadevano nei solchi per soprusi o per sadici capricci della nobiltà agraria. Allora gettavo il sasso pesante nel lago e le onde precipitavano nel risucchio ingorgato delle acque e scivolavano lontano a ventaglio, come la raffigurazione di un modo di vivere avviato alla morte, in cui scorgevo la metafora di vite silenziosamente avviate a sparire. La mia ribellione verso un mondo assetato di denaro, sulla pelle degli inermi e degli esclusi anche del diritto alla vita, individuava i colpevoli nell’illimitata forza dei potenti, a cui io contrapponevo la realizzazione di una società equa per tutti e a pari dignità, animata dai valori sublimi predicati dal Vangelo, che scoprivo naturalmente inciso nel cuore dell’uomo fin dalla nascita. Di fronte, sugli scaffali delle librerie o sistemati a colonna negli spazi adeguati si ergevano pile di mattoni scintillanti di vario colore che riuscivano ad abbagliare, anzi ad ipnotizzare l’ingenuità del lettore , spingendolo a comprare sagome vuote, con un’immagine sexi sulla copertina. La nausea mi soffocava e la mia mano scorreva velocemente sul diario, in cui si andava delineando il mio sogno segreto di lottare contro gli sciacalli della cultura egemone disfattista, sentendo risvegliare dentro di me la voce dei grandi poeti e scrittori, immortali nel tempo, che ci hanno lasciato opere eterne come ideale breviario di vita semplice e di lotta contro ogni forma di male, sconfitto soltanto dal suo opposto del Bene, che continua ad avere la sua inestinguibile sorgente del Bene Supremo, eternamente zampillante con il sangue della Croce.
D. -Il sasso lanciato nel lago letterario da “Briciole di un sogno” con le sue onde concentriche sempre più vaste, quali sussulti ha suscitato, a suo giudizio, sulla riva degli autori attuali? È stato assorbito senza sconcerto?
R,- Purtroppo oggi gli scrittori del futile o dell’autoreferenzialità letteraria mercificata e gli stessi editori prediligono una tipologia narrativa che catturi in ogni modo l’interesse dei lettori, detentori di un mediocre bagaglio culturale facilmente influenzabile dai titoloni rimbalzanti sulla stampa e sul commento di recensori prezzolati, che spesso non leggono il libro, ma impastano vaghe nozioni, assemblate in giudizi generici, ma accattivanti per sedurre i lettori. Gli assoluti valori della vita sono stati ripudiati dagli scrittori di oggi. Nonostante il mio romanzo raccolga i frammenti di un sogno d’amore terreno e metafisico, da incollare nella originale dimensione, la critica ha sommessamente elogiato la novità strutturale e tematica del romanzo, senza ,però, motivare l’elogio. Ma io sono convinto che solo pochi grandi autori e poeti italiani e stranieri siano riusciti a percepire il ventaglio di novità che consente di annoverare BRICIOLE DI UN SOGNO, come sosteneva Giorgio Barberi Squarotti, sottolineando la novità assoluta del mio lavoro che apre vie nuove alla letteratura italiana che tanti autori dovrebbero seguire per il radicale rinnovamento, finalizzato a restituire alla letteratura la “sacralità” di cui parlava Moravia. Ma il critico e poeta che in maniera assoluto ha individuato le molte parti del testo analizzate, secondo il giudizio dei lettori arrivati in redazione di TERZO MILLENNIO, è stato il Maestro assoluto di poesia e di vita Lucio Zaniboni, ed il Premio, fuori concorso, alla Cultura assegnato al romanzo nel Premio TERZO MILLENIO 24live.it dalla giuria e dal pubblico, che ha capito che il romanzo era per loro e di loro.
D.-Nella progettualità inventiva di “Briciole di un sogno” c’era la radice di una continuità d’indagine del territorio natio, del Sud intero, partendo ancora da altri personaggi dell’infanzia o dall’adolescenza, o un futuro romanzo storico affronterà altri temi e altri tempi?
R.- La ringrazio per questa domanda, perché mi fa capire quanto capillare sia stata la sua interpretazione del romanzo, quando mi chiede sulla mia futura fatica, in cui già c’è in corso di gestazione, un nuovo romanzo storico-sociale e psicologico che penetri negli interstizi della nostra società, come adeguato sviluppo degli spunti da Lei evidenziati e, mi creda, nel mio progetto susciteranno un terremoto politico.
D.- La sua opera ha dato una scossa elettrica alla narrativa attuale, destinata spesso dall’edizione alla bancarella dei mercatini per la mancanza di lettori o per sovrabbondanza o banalità delle pubblicazioni. Pensa possa rinascere un rigoglio inventivo tale da interessare con opere intramontabili? Quale può essere il lievito a espansione di valori?
R.- Sì. La mia risposta è positiva, relativamente al recupero dei valori ideali, perché nei sei volumi della mia letteratura, ho avuto l’occasione di rastrellare un numero indescrivibile di opere di narrativa e poesia e anche nelle mie antologie, ho percepito l’ansia di tanti che aspirano all’Assoluto, ma la loro vita solitaria e l’ignavia del potere li scoraggia, anzi si sentono mortificati ed esclusi dal consorzio sociale e si appigliano alla ragnatela segreta dei loro versi, per dare un significato alla loro esistenza. Partendo dalla squallida produzione del nostro tempo, in cui lo scrittore non è più tale, che si chiude in una stanza per anni per creare, come Proust, o attende oltre vent’anni per ripulire i suoi panni in Arno, come Manzoni, ma sforna più di un romanzo l’anno con la voglia di vendere e guadagnare e si prostituisce in futilità pubblicitarie, senza riuscire a dire nulla sulla sua opera, non credo assolutamente che potremo leggere un romanzo intramontabile, senza quei valori assoluti naturalmente contenuti nel vangelo della coscienza. Manzoni, Dostojvskij, Voltaire, Tolstoj e altri grandi, non lavorarono per anni ai loro capolavori, calamitati dal denaro delle vendite, ma composero opere immortali, secondo le indicazioni delle loro esperienze e sulla spinta dei valori invincibili della coscienza. Oggi, purtroppo, si scrive solo per narcisismo e per le vendite, cioè il romanzo è espressione di interesse economico, politico e carrieristico, e non per lasciare un’impronta educativa e formativa delle nuove generazioni.
D. Quale ruolo hanno o dovrebbero avere le istituzioni per facilitare autori e validità letteraria?
Creando un Ministero della cultura che finanzi progetti di ampio raggio ,coinvolgendo gli autori più noti o più letti, in più giornate di lavoro, per l’intero anno. Occorre, perciò, sollecitare progetti a tutti gli intellettuali italiani, fondati sul rapporto “cultura e società” o progetti relativi al ricordo degli scrittori che hanno vissuto una vita per la cultura, o con l’organizzazione di Premi dedicati a più sezioni del sapere, o presentando libri validi da commentare con la partecipazione attiva del pubblico e premiare, con voto direttamente popolare. Vista la crisi economica che da anni ci sta logorando, privando le famiglie di poter affrontare l’acquisto di Beni essenziali, occorrerebbe riempire di libri validi le biblioteche già esistenti, sia pubbliche che scolastiche, creandole nei paesi dove non esistono o non sono sufficientemente ricettive per i “topi di biblioteca”. Una volta c’erano i Centri di Lettura, con la guida di uno o più responsabili, che organizzavano “Guide alla lettura” e sezioni scolastiche anche presso i villaggi con poche case, dove maestri e maestre si avventuravano a piedi in lunghi percorsi di viottoli per capre, nel contesto statale di alfabetizzazione nazionale e il maestro era la figura centrale nell’operazione di acculturazione e nella formazione dei ragazzi, obbligati a lavorare la terra accanto ai genitori. Accanto, scuole di formazione per l’inserimento nel mondo del lavoro, rendendo obbligatorio insegnamento della filosofia. E tanto altro, come la pubblicazione di opere di nobile valore letterario e artistico, che nascano in tali centrali culturali e lancino un messaggio utile alla creazione della società del sogno. Infine, e non ultimo, occorre creare situazioni ideali per preparare i nuovi docenti ad impegnarsi a coltivare metodicamente i giovani l’amore per la lettura.
LUCIO ZANIBONI