Con recente volume,
intitolato BASTA! IL POTERE ALLE DONNE,
la giornalista e scrittrice di fama internazionale, Lilli Gruber, raffinata e
colta conduttrice della rubrica televisiva OTTO E MEZZO, dopo aver peregrinato
sui molti fronti di guerra dall’Europa, all’Asia e nel reportage AMMERICA ANNO
ZERO, ora affronta in maniera organica uno dei problemi più attuali e gravi
della società, non solo italiana, ma mondiale. Nella sua disamina, delle
catastrofi economiche. delle diseguaglianze sociali, delle dissennate e
volgarità del linguaggio politico, che ha sdoganato l’urlo blasfemo contro le
abitudini civili i rapporti politici, la
robusta etica, ancora praticata dalla pacifica società, scatenando il disagio
dei cittadini, invasi dalla paura delle disumane guerre che incendiano le
nazioni più depresse, e sfruttate dal processo di globalizzazione selvaggia e
dallo stupro ecologico, causato dalle ciminiere delle industrie che eruttano
sostanze inquinanti per l’ambiente, causando la morte di tanti operai dopo lunga
sofferenza e malattie inguaribili ai bambini. Tali gravi minacce che incombono
sul diritto alla vita dell’intera umanità. Considerata la. disastrosa e
apocalittica condizioni in cui si contorce l’uomo, che la Gruber ha esplorato
attentamente, in tutte le sue missioni
giornalistiche e riportate nei suoi libri. Chiaramente, l’esplosione
aggressiva della scrittrice, sintetizza un’esigenza fondamentale del mondo
femminile. che da tempo lotta per la conquista della pari dignità, con il
maschio saldamente assiso sugli scanni più decisivi del potere, rifiutandosi di
dare fiducia alle capacità creative e dirigenziali alle donne, che dove
ricoprono incarichi direzionali, hanno dato prova di eccellente professionalità
e impegno responsabile, che l’ambizione e l’arroganza maschilista non vuole
riconoscere. La battaglia delle donne è stata costante nel percorso del suo
impegno pro-femminista, affiancata da altre grandi firme femminili della
letteratura e dai numerosi movimenti femministi, a cui anche gli uomini vengono
invitati ad unirsi per imprimere alla società disorientata e tormentata la
“tenerezza” di vivere, in un mondo insozzato dall’odio, dall’avidità, dalla
discriminazione etnica barbaramente espressa. “Pace a tutti gli uomini di buona
volontà. Ma guerra agli altri. Perché ne abbiamo abbastanza. Aggressioni
scioviniste sul web, risse, stupri, omicidi. L’invisibilità delle donne,
escluse dai ruoli decisionali. In una parola: il machismo al potere. Da troppo
tempo siamo governati dall’internazionale del testosterone: Trump, Putin, Xi
Jinping, Bolsonaro, Erdogˇan, Johnson con risultati devastanti, come
un’emergenza migratoria non gestita, una crisi economica infinita, un pianeta
in fiamme. E un clima di arroganza e di odio che favorisce il diffondersi del
populismo e mina le istituzioni democratiche. Quindi, risparmiateci altri
aspiranti autocrati con più panza che sostanza e dateci più ragazze. sportive
grintose come Milena Bartolini, attiviste determinate come Greta Thunberg,
politiche autorevoli come Ursula von der Leyen e Christine Lagarde e,
oltreoceano, Nancy Pelosi. Ci riterremo soddisfatte quando avremo raggiunto i
giusti obiettivi: come un 50 per cento nei consigli di amministrazione, nei
parlamenti, nei governi. È il messaggio di Lilli Gruber, che in questo libro fa
parlare i fatti: dati, storie e personaggi. Scrive un vero e proprio reportage
dal fronte della battaglia per il potere femminile. Filtra racconti e analisi
attraverso la propria esperienza professionale. Delinea per le donne una
strategia precisa: puntare sulle competenze, farsi valere e studiare, sempre. E
chiama a raccolta anche gli uomini: perché solo cambiando insieme le regole ci
potremo salvare.
VERONESI: IL COLIBRI’ (La nave di Teseo, 2019)
Un libro non consolatorio, pieno di umanità. Un’ode alla vita intera (tutto il pacchetto, dolori inclusi). Il protagonista del nuovo romanzo di Sandro Veronesi ha una caratteristica unica: il dono dell’immobilità. Come un colibrì, batte le ali continuamente, una fatica immane per rimanere fermo. Piantato per aria. Mentre gli altri andavano avanti, lui praticava una resilienza tenace, sospendendo il tempo, capace persino di risalirlo, ritrovando quello perduto…
Premessa
Il colibrì è tra gli uccelli più piccoli al mondo; ha la capacità di rimanere quasi immobile, a mezz’aria, grazie a un frenetico e rapidissimo battito alare (dai 12 agli 80 battiti al secondo). La sua apparente immobilità è frutto piuttosto di un lavoro vorticoso, che gli consente anche, oltre alla stasi assoluta, prodezze di volo inimmaginabili per altri uccelli come volare all’indietro… Marco Carrera, il protagonista del nuovo romanzo di Sandro Veronesi, è il colibrì. La sua è una vita di perdite e di dolore; il suo passato sembra trascinarlo sempre più a fondo come un mulinello d’acqua. Eppure Marco Carrera non precipita: il suo è un movimento frenetico per rimanere saldo, fermo e, anzi, risalire, capace di straordinarie acrobazie esistenziali. Il colibrì è un romanzo sul dolore e sulla forza struggente della vita, Marco Carrera è – come il Pietro Paladini di Caos Calmo – un personaggio talmente vivo e palpitante che è destinato a diventare compagno di viaggio nella vita del lettore. E, intorno a Marco Carrera, Veronesi costruisce un mondo intero, una galleria di personaggi indimenticabili, un’architettura romanzesca perfetta come i meccanismi di un orologio, che si muove tra i primi anni ’70 e il nostro futuro prossimo – nel quale, proprio grazie allo sforzo del colibrì, splenderà l’Uomo Nuovo.
L’approfondimento
“…tu sei colibrì perché come il colibrì metti tutta la tua energia nel restare fermo”. Il colibrì di Sandro Veronesi (La nave di Teseo) è Marco Carrera, un uomo che come l’uccellino è piccolo e ha bisogno, fin dall’infanzia, di una cura per crescere come gli altri. È veloce, di piedi e di testa. Marco è un colibrì, che ha una caratteristica unica: il dono dell’immobilità. Batte le ali, continuamente, una fatica immane per rimanere fermo. Piantato per aria. Il protagonista ha vissuto la sua vita così, muovendosi per stare immobile, rifuggendo i cambiamenti. Mentre gli altri andavano avanti, lui praticava una resilienza tenace, sospendendo il tempo, capace persino di risalirlo, ritrovando quello perduto. Volando all’indietro, come il colibrì sa fare. Il tempo da risalire è quello della famiglia, dei genitori Letizia e Probo, un matrimonio che è una bolla, un’illusione di felicità, che ha tenuto a bada l’inquietudine della madre, in un’accettazione dolente fatta di sopportazione e bugie. Il ricordo della giovinezza è Irene, la sorella “intelligentissima e tormentatissima”. Irene è il modello di vita e di gioventù, ma è anche rabbia e foga. Irene è incapace di immobilità, lei si porta dentro buio e confusione. È il primo grande lacerante dolore della vita di Marco. Come nell’animo di chi ha il privilegio di sapersi ascoltare, il ricordo e il presente si uniscono, in una sospensione in cui tutto sussiste: le lettere a un amore eterno di rimpianti per Luisa, in un continuo presente in cui tutto sembra ancora possibile, perché fermo sulla carta, gli inventari della casa dei genitori, liste per recuperare l’identità dell’essere stati famiglia, per lanciarle come una cima al fratello Giacomo, dall’altra parte del mondo, in un presente che non è più. Spezzato dal rancore. I cambiamenti della vita di Marco ci sono, e sono urti violentissimi, dolori che sfondano il cuore, alcuni accettati perché parte dell’esistenza, altri troppo grandi, anche per avere un nome capace di definirli. Dolori che hanno sbattuto Marco prima in una realtà, poi in un’altra “Mi chiedo: ma il male – hai presente? Ha circuiti preferenziali, il male, o si accanisce a caso?”
VERONESI: “PERCHÉ DOVREI TORNARE ALLO STREGA?”
LA VITA VA AVANTI LO STESSO, SCIVOLANDO SOTTO I PIEDI, INESORABILE, E SI ARRIVA COMUNQUE LONTANO DA DOVE SI ERA PARTITI. “PER ANDARE DOVE NON SAI/DEVI PASSARE PER DOVE NON SAI”: IL VERSO DI GIOVANNI DELLA CROCE È PER MARCO UNA TRACCIA DA SEGUIRE.
Ci sono cose da
salvare dal naufragio. E lo si fa vivendo con un sollievo che viene trattenendo
più cose possibili, facendo consuntivi del passato, rivivendo anche gli errori,
chiedendo scusa per le occasioni sprecate, consolandosi per le punizioni
ricevute. Rifiutando la convenzione per cui chi non cambia è ottuso, affermando
la propria forza (“I lupi non uccidono i cervi sfortunati. Uccidono quelli
deboli”). “Ubi nihil vales, ibi nihil velis”. Dove nulla puoi, niente devi
volere. È un’assenza salvifica quella di Veronesi, che nulla ha del nichilismo
beckettiano. Perché mentre Marco, desiderando stare fermo, avanza, nel suo
mondo sottosopra senza tempo, nell’istante più buio la sua mente capisce: tutto
accade per uno scopo. E trova il senso a questa sua vita così apparentemente
ostile, improvvisamente illuminata da un destino, e da una visione di un mondo
che può essere migliore, anche grazie a lui. C’è una società nuova, capace di
sopravvivere alla rovina di quella vecchia, di rigenerarsi, anche dalla rete,
anche con il linguaggio del gioco e con l’impegno generoso e pulito dei
giovani: le nuove generazioni, uomini e donne del futuro che possono salvare il
mondo, recuperando la normalità che sta scomparendo. Sopravvivere alla vita: Il
colibrì di Sandro Veronesi ci salva tutti dalla dannazione del vittimismo. Un
libro non consolatorio, ma pieno di un’umanità forte e autentica: un’ode alla
vita intera (tutto il pacchetto, dolori inclusi) che ci traghetta in un futuro
migliore, e che sa ritrovarsi vera in un abbraccio. Ci voleva così poco, alla
fine.
CONCITA DE GREGORIO: “NEL TEMPO DI TRENT’ANNI (2019)” – “UN PAESE SENZA TEMPO”
Nel tempo di trent’anni (2019)
A volte basta fare un passo, dire una parola, spostare appena lo sguardo per vedere il mondo, come una sorpresa, con occhi diversi. È quello che accade a un ragazzo di trent’anni quando inizia a ripensare alla propria vita: Marco è alla ricerca di una strada e si è sempre sentito estraneo a una famiglia, la sua, che riassume le contraddizioni del secolo scorso. Una famiglia in cui ognuno crede in qualcosa, sia un’idea, un partito, una chiesa. Lui, invece, si sente in lotta contro tutto: il soldato di un esercito invisibile. Ed è nel pieno di un’età cruciale, di cui nessuno parla – la guerra dei trent’anni, tempo di primi bilanci e culla di molti congedi. Qui comincia una storia dalle tante anime, piena di slanci di dolori di dubbi, e di ironia. Il racconto di un ragazzo che, cucendo insieme i pezzi del proprio passato, prova a capire chi è davvero. Marco ama la musica e i numeri. Fa tornare i suoi conti, sa ascoltare. La cosa fondamentale è stare a tempo. Anche nel dialogo con la sorella amatissima, con l’amico, con una fidanzata che come tutte le donne «gli mette ansia», coi nonni. Cerca un vero padre, scopre di non essere, come credeva, un alieno in questo mondo. Una storia che è la nostra, quella dei nostri figli che provano a darsi un futuro. Lo faranno. Nel gioco del mondo, si perde solo quando si rinuncia a giocare. Marco – le tasche piene di tutto quello che manca – va e ci porta con sé. È magnifico tirare il sasso e saltare con lui.Il racconto di Marco e dei suoi trent’anni tiene insieme la storia di una «generazione smarrita» e quella del Novecento: il secolo di cui tutti siamo figli. Mi ha cercata un giorno per farmi conoscere la sua battaglia, la stessa di tanti suoi coetanei. La sensazione di non trovare un posto in una famiglia in cui ognuno, quel posto, giusto o sbagliato che fosse, l’aveva trovato. Un bisnonno partigiano, un nonno comunista e uno professore. Una nonna «santa», l’altra medico.I genitori nelle milizie degli anni di piombo, poi riparati nella vita dei boschi, infine in una setta. L’elenco degli eserciti è completo, a contare tre generazioni dalla sua. E lui? «Io sono nato in un tempo di guerra mascherato da tempo di pace», mi ha detto: «Quando dico noi, non so chi siamo, noi. Siamo una moltitudine di solitudini. Non c’è niente che possiamo cambiare». E invece sí. Invece questa storia mostra che c’è sempre un luogo dove andare. Qualcosa che cambia. Anche quando fuori c’è nebbia e nessuno ti indica la strada. La vita corre e chiama, bisogna saperla ascoltare.
“Un paese senza tempo”
“Un paese senza tempo” una raccolta di articoli scritti da Concita De Gregorio su personaggi e temi della politica italiana che non segue un ordine cronologico, considerando che gli uomini e l’Italia sono rimasto i medesimi,
“identici a se stessi”, “immersi nei loro intrighi e fissati nelle loro ossessioni”
per i vent’anni tratteggiati, a ritroso dal 2010. La scrittura di una donna di grande cultura e di una giornalista raffinata offre un umorismo acuto e delicato al tempo stesso, mai irridente, e permette di capire come, dietro il fallimento di alcuni progetti, ci sia il tornaconto personale, il tentativo di soddisfare il proprio interesse. Poco si scorgono gli ideali, molto si intuisce del mondo della politica come luogo degli intrighi, di alleanze costruite in forza di utilità individuali o di gruppi. Molto vivaci e divertenti le descrizioni dei rapporti tra D’Alema e Berlusconi,
“Si parlano così, per nome ma con il lei, che fa un po’ ridere ma è per marcare la distanza. E per non perdere mai, neanche un attimo, il senso del siderale distacco che c’è fra uno come Massimo e uno come Silvio, costretti dagli accidenti della vita a discutere di politica e persino a frequentarsi (…). Uno glaciale, di proposito irritante, sprezzante. L’altro seduttivo, ciarliero, one man show. Costretti a specchiarsi uno nell’altro, mesi e mesi, fino a trovarsi persino d’accordo, a volte, e divertenti”.
E nonostante le tante differenze tra i due, la cronaca e la storia raccontano di
“intese cercate e quasi raggiunte: per evitare il referendum sulla tv, una volta. Per far governare Maccanico ed evitare le elezioni, un’altra. E da qualche parte si saranno visti, quando studiavano le carte e le ipotesi. Non son cose che si fanno al telefono”.
Molto acuto anche l’articolo Dedicato nel 2000 ad Andreotti
“Il vecchio faraone, re, rospo e imperatore”
nel quale racconta del personaggio forse più potente della politica italiana
“messo alla sbarra perché baciava mafiosi cattivi, riabilitato perché baciato dai papi buoni, assolto dai giudici e acclamato in tv, un signore che sa tutto e non dice niente, che sta lì inginocchiato in chiesa e non sai se prega se dorme o se medita vendetta”.
Acuto, ironico, divertente anche l’articolo del 2007 dedicato a Berlusconi soprannominato ‘Superman’ e ‘Rambo’ assieme per i superpoteri che lui stesso si attribuisce. Simpatici, divertenti, gli articoli che riprendono parte dei dibattiti televisivi come quelli tenuti da Vespa a Porta a porta nei quali De Gregorio tratteggia il carattere dei personaggi, il loro modo di vestire.