LA SCRITTRICE BARCELONESE LILIA D’AMICO ANALIZZA IL ROMANZO “ILMIO MONDO FINIRA’ CON TE” DI CARMELO ALIBERTI EDITO DA LOMBARDO EDIZIONI;MILAZZO “(aprile2023)
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Pubblicato da Carmelo Aliberti il 12 Maggio 2023 in HOME
Il mio mondo finirà con te è uno di quei romanzi che riempie la mente e lo spirito e trattiene il lettore estasiato sulla pagina.
Già dal primo capitolo si evince la straordinaria capacità narrativa di Carmelo Aliberti che oltre ad essere una voce rilevante nel panorama della critica letteraria, è soprattutto un poeta e la sua anima poetica traspare nella sua prosa, intessuta di liricità di pensiero e di espressione, in una visione di concretezza e verità di stampo manzoniano.
Il protagonista, Carlo, si presenta come di se stesso, un uomo colto e sensibile, che tenta di venir fuori dalla palude della storia per liberare l’anima dal rogo degli orrori che vede ancora serpeggiaresotto il candido vestito delle istituzioni democratiche nelle quali gli uomini dovrebbero credere per poter realizzare il sogno di formare una famiglia e di poter avere dei figli, a cui garantire sostegno e fiducia nella loro possibilità di riuscire a conquistare gli spazi ideali di una vita serena,…
Nel passo riportato, sono presenti alcuni dei temi centrali del romanzo: la guerra, anzi le guerre che fino ai nostri giorni, l’uomo conduce per bramosia di potenza, gli orrori della violenza e delle distruzioni che ne conseguono, le persecuzioni che cambiano nome, ma non significato, la sfiducia nella politica contaminata dal potere, nascosto sotto il candido vestito delle istituzioni democratiche, l’anelito alla felicità nella costruzione di un ideale di vita serena, che ha come presupposto la famiglia.
Fin dalla prima infanzia la famiglia e la fede in Dio per Carlo sono porto sicuro. Il valore dell’amore genitoriale, intrinsecamente legato all’amore di Dio che dà forza e protezione, si manifesta nel tenerissimo e amorevole ricordo della madre ed è racchiuso nel dono del Crocifisso.
Colpito dalla sua materna sollecitazione, le confessai di aver visto due mostri che si azzannavano sulle acque ribollenti del mare di fronte. Allora, mi abbracciò con maggiore intensità ed io avvertii il morbido calore del suo corpo penetrarmi nel sangue e subito tornai alla realtà.
“Ora, mi disse con sorridente pazienza, tutto è passato; ti regalo questa collanina d’oro con attaccato il crocifisso, che a me donò mia madre, prima di andarsene: portala sempre con te ed essa ti proteggerà da ogni male. Te la affido, sarà lo scudo che ti renderà più forte in ogni difficoltà” e non ti farà bagnare dalla pioggia, mentre vai a scuola a piedi.
… Mi sentii corazzato dalle sue manifestazioni d’amore e improvvisamente avvertii in me un gorgoglio di parole d’amore, cui non avevo mai pensato.
Per Carlo/Carmelo la famiglia ha, dunque, un ruolo di primaria importanza nella vita, lo notiamo nella dolce e triste rievocazione dei fratelli a lui molto cari: Ninai, nato con i piedi torti verso l’interno, Turuzzu, morto prematuramente e che conobbe solo nello sbiadito ingrandimento di una foto posta in una cornice ovale di cartone sull’armadio accanto al letto matrimoniale, la sorella minore, sposa felice, che conclude la sua giovane vita tra immani sofferenze, Carletta, chiamata al servizio del Signore, lasciando smarriti i genitori e disperato Micuccio che l’aveva sempre amata. Il loro ricordo, persistente nella sua mente insieme a quello dei genitori, in particolar modo della madre, è legato indissolubilmente a momenti di vita quotidiana in casa, nell’aia, in chiesa, in quell’angolo di Sicilia, punto di forza e debolezza alla sua vita travagliata.
Altro tema centrale è l’amore salvifico, di stampo stilnovista, ma con note di quotidiana realtà che lo collocano nello spazio e nel tempo e lo rendono umano.
Come Dante Carlo conosce il lieve palpito di un sentimento per una bambina, una compagnetta di scuola nella quale ravvedrà in seguito la sua Anna. Viene rievocata come angelica creatura, non è, però, solo una visione angelicata, la ragazzina è sui banchi di scuola, ha voglia di apprendere, suggerisce ai compagni, è un amica. Anna verrà da lui definita persona divina, ma non è soggetta solo alla contemplazione, non è venuta su questa terra a mostrare il miracolo di Dio, solo con la sua visione, condivide con Carlo sogni e ideali che si concretizzano nel loro amarsi al richiamo della diafana voce di Dio e in un forte impegno sociale.
… mi scoprii gli occhi inchiodati su un banco di scuola in prima fila, dove, seduta stava ogni giorno, molto attenta alle lezioni, ma anche pronta a suggerire le risposte ai compagni interrogati in difficoltà senza farsi scoprire dall’insegnante, coprendo con il cavo della mano, il bisbiglio vocalico delle sue ottime conoscenze. Era il soave suono della voce della mia più affettuosa amica, che avevo sempre custodito in un invisibile risvolto del cuore.
Durante le passeggiate scolastiche, sulla via che portava al castagneto di Melosà, camminavamo accanto con molto pudore, per la reciproca timidezza che, invece, nascondeva il lieve palpito di un sentimento. Anch’io gioivo interiormente e mi sentivo invaso da ondate di ebbrezza.
Ah! Carlo, Carlo sciagurato, perché non capisti che quella ragazza, gentile, riservata e delicata, segretamente e a tua insaputa, era stata sempre viva nel tuo cuore. Solo ora scopri che quella angelica creatura era già l’embrione fatale di Anna? Perché Le hai negato una carezza e non Le hai mai indirizzato anche qualche sillabato balbettio d’amore, anche con apparente ingenuità. Sì era quella l’embrione di una figura, Anna, che tu inseguivi da tempo. Ma come fare ora per riparare?
Mi sento in colpa per non aver intuito che quei sorrisi celestiali, quelle pupille scintillanti d’oro distillavano timidi segni di un implicito sussulto interiore, erano i segni distintivi di un profumo miracoloso che sigillava lo sbocciare precoce di un sentimento ancora larvale, non identificabile, ma intuibile.
Si, Anna, ora mi è chiaro che quella “bambina” eri tu: la stessa dolcezza nel parlare, la moralità comportamentale, la generosità illimitata, i sogni che abbiamo coltivato insieme, la tua presenza accanto a me che mi rende forte, erano preziosità tue. Chissà quali abissi hai dovuto superare, chissà quante lacrime hai dovuto versare, quante amarezze ti hanno ingoiata. Eppure il destino ci ha fatto incontrare sullo stesso sentiero della luce che ha riscaldato il nostro cuore, al richiamo della diafana voce di Dio. Ora sento il dovere di dire mille volte, grazie, a quella pudica ragazzina che è cresciuta in te. Sì, l’avrei certamente fatto in ginocchio, spiegandole i sacrali motivi dei miei blocchi e delle mie reticenze verbali. Ma già ho incominciato a farlo, in queste pagine che sono nostre.
”Pippo, io ho devotamente amato una persona divina, con cui condividevo anche ogni soffio del respiro, era un vero angelo, che con la sua serietà, onestà, sensibilità umana, purezza totale, consustanzialità sentimentale, religiosità, spiritualità e sconfinato amore, mi aveva reso felice e insieme eravamo riusciti, ancora giovanissimi volontari, a renderci utili agli ultimi del nostro paese, abbiamo avviato un percorso di alfabetizzazione degli abitanti, per liberarli dalla schiavitù dell’ignoranza, abbiamo lavorato per ottenere il riconoscimento dei loro diritti, che sconoscevano del tutto, ci siamo impegnati per far nascere nei giovani un sentimento di unione e di solidarietà e aiutarli ad uscire dal loro isolamento e creare una loro società, fondata sul libero confronto di idee, sulle attività sportive, ma anche sulla lettura di libri, ricchi dei più alti valori morali e spirituali
Il viaggio di Carlo è tanto reale, quanto ideale e porta con sé il tormento della lacerazione tra l’aspirazione ad un proprio sogno d’amore e una realtà che si oppone, infranta da un evento drammatico, la morte della sua amata che lo lascia solo nel deserto dell’esistenza.
…quando gli angeli la portarono in volo alla casa del Padre, che lei aveva adorato e operato secondo le indicazioni evangeliche. Da quell’istante,il buio più stridente miaccecò ed io incominciai a vagare nel deserto dell’esistenza con una spada di dolore, conficcata nel cuore. Perciò, come tu potrai ben capire, ti confesso che non me la sono sentita di appannare il suo dolce ricordo, con una brusca inversione sentimentale, che, in quel momento sentivo di tradire…
… finché Rosa riapparve, trasfigurata in tutta la sua reale bellezza, mi raggiunse velocemente e lo splendore del suo viso sorridente mi folgorò, lasciandomi senza respiro. Barcollai e temetti di cadere. Lei sobbalzò, gridando:
“Stai attento, Carlo, potrai cadere e farti veramente male”
Cercai di smorzare il clima di paura:
“Non ho paura, Rosa, perché so che tu riuscirai a salvarmi”.
“Mi sento lusingata dalla tua incondizionata fiducia nella mia persona e perciò ti sono grata”.
“No, no, io parlo veramente, dopo aver molto riflettuto. Sono tornato da te, perché solo tu potrai salvarmi del tutto”.
Come per Dante , un altro amore, Rosa, sembra anestetizzare il suo dolore, sbiadire il ricordo di Anna, ma Rosa è rapita da ignota mano e scompare per sempre.
A Selinunte, tra le rovine causate dal devastante terremoto del Belice, si ricompone e trova pace la sua storia d’amore reale/ideale. La visione di Anna, la sua Beatrice, la stella polare che segretamente illuminava il suo cammino, si mostra nella sua funzione angelicata di guida morale e spirituale e lo riconcilia con se stesso. Il giorno successivo, sospinta dal vento, una dolce voce femminile intona Chiamami solo amore di Roberto Vecchioni e lo conduce a Dio, Amore assoluto che si espande in tutte le sue forme. Adesso Carlo ha la consapevolezza di non essere solo nelle difficoltà della vita, l’amore di Dio e di riflesso quello di Anna, non verranno mai meno e potrà riprendere il cammino alla ricerca del pastore sconosciuto. Questi gli aveva indicato la giusta via per non perdersi nei contorti intrecci di una foresta buia, mostrandogli la via della speranza, lontana dalle seduzioni e dagli inganni della società e offrendogli, in ogni caso di difficoltà, rifugio nella sua capanna.
Era la voce di Anna, che attraversò il mio cuore sotto forma di angelo. Seguiva, invisibile, il mio doloroso cammino, era la stella polare che segretamente illuminava la mia via. Ora, con la canzone di Roberto Vecchioni, forse voleva ricordarmi che noi siamo creature del Dio che l’uomo non potrà varcare la soglia del mistero che ci avvolge, per la limitatezza della capacità conoscitiva della ragione umana e che, al di là del muro che in cima ha cocci aguzzi di bottiglia o oltre il leopardiano sipario del monte Tabor o oltre il razionalismo kantiano e, retrocedendo nei secoli, oltre il limite speculativo della ragione umana , cioè al di là dei confini del conoscibile, è necessario porre, come spiegazione del “fainomen” della progressione escatologica dell’universo, un “Primo Motore Immobile” che ha impresso la spinta iniziale all’evoluzione di tutte le cose, come anche allo sviluppo della scienza, alla trasformazione del mondo creato, di “homines, animalia et res,” e che chiamato non più come il platonico “archè”, e che in realtà, sotto ogni definizione esiste un unico Dio, definito con diverse definizioni: il Dio di tutti gli esseri viventi, che, attraverso l’esempio del Dio della Croce e con l’insegnamento evangelico, cioè con la pragmatica imitazione della vita di CRISTO, l’uomo potrà dare un senso alla propria vita e poter vivere in una società d’amore, perché, come anche le parole della canzone di Vecchioni, Dio è amore, punto epicentrico di espansione d’amore e l’uomo dovrà sempre ricordare che in quella invocazione religiosa è espressa l’esigenza umana di sentire costantemente l’amore di Dio sia nelle difficoltà esistenziali, sia nei giorni più bui della storia umana. Impigliato in tali pensieri, fui istintivamente spinto a riprendere il cammino alla ricerca del pastore sconosciuto.
Ora io, dopo aver peregrinato sulla terra piangendo per la tua partenza, ho provato a ritrovare te in un’altra umile creatura per aiutarmi a sopravvivere, ma, come tu sai già, si è volatilizzata misteriosamente verso spiagge eterne e irraggiungibili. Perciò, ora che ti sento ancora accanto a me e mi porgi generosamente la mano per consolarmi e sostenermi nei miei incerti passi sulla crosta terrestre, mi avvierò a mantenere l’ultima mia promessa fatta ad un uomo solo che, in un momento di follia, mi ha indicato la giusta via per non perdermi nella foresta buia e mi ha aperto la via della speranza di vivere prudentemente la vita, senza lasciarmi travolgere dalle seduzioni e dagli inganni della società e, in ogni caso di difficoltà, mi ha assicurato che l’uscio della sua capanna è sempre aperto per me.
Il mio mondo finirà con te è il romanzo dei passaggi e delle contraddizioni che scorrono da un’epoca all’altra, tema dopo tema, analisi dopo analisi, per giungere a noi attraverso i pensieri, i ricordi, come si rincorrono nella mente di Carlo in un continuo flusso di coscienza. L’autore affida a Carlo un ruolo complesso, gli dà un cuore puro che da un lato lo aiuta a perseguire i suoi ideali di amore, di giustizia, di pace, dall’altro lo schiaccia nella sofferenza, compagna degli uomini dal forte sentire, per i mali della società che paventa non possano trovare soluzione.
Ma chi vorrà mai sottrarre i poveri all’inferno della fame e all’assoluto diritto al lavoro, in una società, dove i ricchi stanno diventando più ricchi, potendo soddisfare ogni loro desiderio, e i poveri sempre più poveri,…
Chi libererà le povere donne dalla schiavitù della prostituzione, costrette a battere i marciapiedi, gli angoli bui delle periferie o gli abitacoli sporchi di auto sgangherate e senza targa del presunto protettore, che le massacra a bastonate o le scaraventa violentemente contro un muro. Rovinando la bellezza del loro viso, se si rifiutano all’ordine di catturare i clienti per portare soldi a lui, in una quantità prestabilita, con minacce di morte?
Chi potrà risarcire le bambine violentate anche nei parchi delle città, tra l’indifferenza degli astanti, per una vita serena negata e perduta o la madre obbligata a vendere il proprio corpo anche ad avvinazzati, a topati e ad esseri ripugnanti, pur di consegnare al “magnaccio” il frutto della propria vergogna e ricevere la mancia o una scarica di sadica violenza.
Chi restituirà il sorriso ad allegri bambini attirati in canonica con i giocattoli desiderati da tempo, ingannati da persone di cui si fidavano ciecamente e che, invece, li hanno condannato ad un tormento infinito, negando loro il diritto alla gioia e ad una giovinezza felice?
Il mondo agreste di una Sicilia “pura”, fatta di agnellini che saltellano allegramente e si attaccano subito alle mammelle della madre, di uova raccolte nel pollaio,è evocativo del calore della famiglia, quindi rassicurante, nello stesso tempo doloroso, per il distacco a cui vanno incontro i suoi figli, costretti ad emigrare.
A questo punto, mi chiedevo se forse un giorno sarei stato costretto anch’io a imboccare la via dell’esilio.
Carlo ha la consapevolezza che non avrebbe potuto mai varcare lo stretto, gli sarebbe mancata la sua terra, gli sarebbero mancati i miti legati alle acque siciliane, l’eroico Colapesce , la fata Morgana, il magico e unico spettacolo della pesca del pescespada.
E come cancellare dalla vita della memoria il magico e unico spettacolo della pesca del pescespada, il grido del pescatore-vedetta appostato in cima all’alto albero della nave e l’urlo disperato del pescespada innamorato, quando ode il risonante fruscio degli spasimi di morte della compagna uccisa…
La difficile realtà della sua terra finirà, suo malgrado, per trascinarlo a Trieste nella speranza di uno stabile rapporto di lavoro, presupposto per la realizzazione del suo ideale di vita sereno con la costruzione di una famiglia. Anche questo sogno si infrangerà e l’esperienza triestina si rivelerà un fallimento, anch’essa una chimera.
Un giorno, sentendomi soffocato da tante tragedie sociali, in preda al delirio per tanti lazzaroni disseminati sul territorio, con vestiti stracciati e sedotti dalla fame, straziato dall’inferno terrestre popolato da fiere insaziabili e pronte ad azzannare mortalmente chiunque, con le pupille offuscate e un fiume di pianto soffocante in gola, accettai l’invito di una mia cara parente, a cui mi sentivo legato da particolari rapporti empatici, da una convergenza di idee e dal puro sentimento di amicizia, di volare alla cieca verso Trieste, coltivando l’inconfessabile speranza di riuscire a creare i presupposti per formarmi una famiglia, con uno stabile rapporto di lavoro, cosa pura chimera al Sud…
La terra siciliana viene narrata con l’amore di un figlio che sa cogliere ogni sfumatura della sua bellezza naturale, di storia di persone semplici, contadini e pescatori, di un glorioso passato di arte e letteratura, pur guardando con mente lucida alle profonde contraddizioni che l’hanno caratterizzata e che, in certa misura, anche oggi persistono, retaggio di un potere criminale, di cattive amministrazioni, ma anche di una distorta interpretazione della potestà maritale che fino al 1975 abbiamo avuto in Italia e di un falso senso dell’onore.
Era il bar storico della Città dello Stretto, interamente tappezzato alle pareti di quadri di rara bellezza, opere di grandi artisti messinesi del passato e del presente, tra cui a tratti giganteggiava qualche tela di Guttuso, di Migneco, di F. Messina e del Caravaggio, che a Messina aveva avuto una sua scuola, a cui approdavano artisti dell’intera provincia e altre aree della Sicilia, lasciando poi nelle chiese che li ospitavano dipinti, da affiggere alle pareti del luogo sacro, di eccezionale valore artistico, visitati da studiosi e turisti, come le tele del Gagini o del Salamesch nella cattedrale di Castroreale e in altri Comuni della provincia di Messina.
Accanto a ciascuna bellezza artistica si innestavano brillanti rettangoli di robusti specchi istoriati una sottile ragnatela di disegni variamente colorati, in cui rimbalzavano lembi azzurri delle acque dello Stretto, che sfrecciavano negli interstizi del verde dei pini, come se schizzassero tra cielo e verde: sollecitati dalla carezza della brezza marina, si dilatavano con oscillazioni alternative, consentendo alla Madonnina del porto di apparire miracolosamente da quelle fessure di luce ritagliate nel verde brillante dei pini, a benedire con la mano alzata nell’azzurro del cielo, la città che l’aveva adorata…
Il paese era prigioniero dal buio assoluto, perché privo di illuminazione pubblica, solo la luna avanzava come una falce nel cielo, facendo schizzare un ventaglio di luce, sufficiente per rendere visibili i punti di orientamento attraverso i vicoli silenziosi del paese. “Micu u suddu “, imboccando i vicoli più solitari, arrivò davanti al portone di casa, estrasse dalla tasca la copia delle chiavi di casa, la inserì nella serratura e la girò per aprirla evitando di provocare qualche scricchiolio.
Mentre con piede felpato saliva la scala, sentiva rantolare e scricchiolare la rete sotto il materasso. Una fiamma di sangue lo accecò, nebulosi pensieri fulminarono la sua mente e, con un volo, fu nella stanza da letto con l’ascia in mano, pronta a colpire. Colpì violentemente a lungo, mentre il sangue schizzava sulle pareti alla fioca luce del lume sul comodino. Urla di pecore sgozzate laceravano la stanza e lentamente si andavano spegnendo in un lago di sangue. L’ascia continuò ad infierire sui corpi fino a ridurli a pezzettini.
Il primo chiarore dell’alba rischiarò una orribile scena, ma “Micu u Suddu”, stanco di colpire, crollò su una sedia nella stanza accanto, soddisfatto per aver lavato l’onore con il sangue. Non potevano più ora i paesani chiamarlo “cornuto”.
Il mio mondo finirà con te non è un romanzo che si legge d’un fiato, è un romanzo che si gusta lentamente, che ci trattiene sulla pagina per piacere che ci procura, che ci guida alla riflessione .
Carmelo Aliberti racconta drammatici eventi di storia e società, accaduti in un lunghissimo periodo a cavallo tra due secoli, con la razionalità documentaria ed il giusto distacco propri dello storico, l’empatia del cronista, il dubbio esistenziale e la ricerca della verità propri del filosofo. Grande capacità la sua, affinata da lunghi anni di studio, di letture, di impegno letterario, di meditazione di un uomo che non ha mai abdicato al suo impegno, morale e civile, di accompagnare il prossimo, soprattutto se giovane, ad una meditazione critica in un mondo così problematico. L’ha fatto coll’impegno scolastico dalla sua cattedra senza pedana, attraverso le pagine delle sue numerosissime produzioni letterarie, con quest’ultimo romanzo il cui finale, estremamente positivo, apre la porta alla speranza che sia possibile realizzare i propri sogni. Da parte mia un sincero grazie a Carmelo Aliberti.