CARMELO ALIBERTI
La poesia di Aliberti espressa con un linguaggio
metaforico ed espressionistico fino al grido e alla visione
di GIOIRGIO BARBERI SQUAROTTI
C’è una sicura costanza nella vicenda poetica di Aliberti nel lungo arco di circa 50
anni, ed è fortemente riservato e distintivo della sua ricerca: la passione morale e
politica sempre espressa con un linguaggio aspramente espressionistico nella varietà
ricchissima e singolare e originale delle metafore, tese fino all’estremo del grido e
della visione. E’ una voce fortissima quella di Aliberti, che riporta la poesia al suo ruolo
originario di preveggenza e di amplificazione del grido di disperazione degli
invisibili, con l’obiettivo di riscatto delle plebi dimenticate, con il riconoscimento della
loro dignità umana, sempre ignorata o negata nei secoli.
Giorgio Bàrberi Squarotti (Torino, 1929-2018) è stato un critico letterario e poeta
italiano. La sua scomparsa ci ha rubato un grande maestro, illuminante guida per
diverse generazioni. Fu sempre disponibile a sostenere poeti e scrittori validi che
ricorrevano al suo sostegno, ma la sua vocazione culturale e il costante impegno
dell’intera sua vita la dedicò agli studi e alla valorizzazione di scrittori e poeti
dimenticati o ignorati, e approfondimenti delle opere dei cosiddetti Grandi, non
indagati sufficientemente.
RACCOLTE DI POESIE: La voce roca, La declamazione onesta, Finzione e dolore, Notizie
dalla vita, Il marinaio del Mar Nero e altre poesie, Dalla bocca della balena, In un
altro regno, La scena del mondo, Dal fondo del tempio, Le vane nevi, Le Langhe e i
sogni Il gioco e il verbo, La storia vera, I doni e la speranza, Gli affanni, gli agi e la
speranza, Le foglie di Sibilla, Lo scriba delle stagioni, Il giullare di Nôtre-Dame des
Neiges.
SAGGI: Astrazione e realtà, Poesia e narrativa del secondo Novecento,
Metodo, stile, storia, La poesia italiana contemporanea dal Carducci ai giorni nostri,
La narrativa italiana del dopoguerra, Pagine di teatro, Teoria e prove dello stile del
Manzoni, La cultura e la poesia italiana del dopo guerra. La forma tragica del Principe
e altri saggi sul Machiavelli, Simboli e strutture della poesia del Pascoli, Camillo
Sbarbaro, Il gesto improbabile. Tre saggi su Gabriele D’Annunzio, L’artificio
dell’eternità. Studi danteschi, Il codice di Babele, Manzoni. Testimonianze di critica e
di polemica), Gli inferi e il labirinto. Da Pascoli a Montale, Poesia e ideologia
borghese, Fine dell’idillio. Da Dante a Marino, Le sorti del tragico. Il novecento
italiano: romanzo e teatro, Il romanzo contro la storia. Studi sui Promessi sposi,
Dall’anima al sottosuolo. Problemi della letteratura dell’Ottocento da Leopardi a
Lucini Giovanni Verga. Le finzioni dietro il verismo, Invito alla lettura di Gabriele
d’Annunzio, Il potere della parola. Studi sul Decameron, La poesia del Novecento.
Morte e trasfigurazione del soggetto, L’ombra di Argo. Studi sulla Commedia, L’onore
in corte. Dal Castiglione al Tasso, La forma e la vita. Il romanzo del Novecento,
Machiavelli, o La scelta della letteratura, Manzoni. Le delusioni della letteratura, Il
sogno della letteratura, In nome di Beatrice e altre voci, Le maschere dell’eroe.
Dall’Alfieri a Pasolini, Le colline, i maestri, gli dei, La scrittura verso il nulla:
D’Annunzio, Il sogno e l’epica, Il viaggio di liberazione attraverso l’Inferno, Parodia e
pensiero: Giordano Bruno, Le capricciose ambagi della letteratura, L’orologio d’Italia.
Carlo Levi e altri racconti, Addio alla poesia del cuore, I miti e il sacro. Poesia del
Novecento, Il tragico cristiano da Dante ai moderni, Ottocento ribelle, La teoria e le
interpretazioni, Le cortesie e le audaci imprese. Moda, maghe e magie nei poemi
cavallereschi, La letteratura instabile. Il teatro e la novella fra Cinquecento ed età
barocca, Il pipistrello a teatro. Pirandello, narrativa e tragedia, La farfalla, l’anima.
Saggi su Gabriele d’Annunzio narratore, Il sistema della narrativa. Gli autori del
Novecento: saggi critici, La poesia, il sacro e il patinoire. Saggi su Gozzano e Pavese,
Sestri La cicala, la forbice e l’ubriaco. Montale, Sbarbaro e l’altra Liguria, Sestri Le
donne al potere e altre interpretazioni. Boccaccio e Ariosto, Entello, Ulisse, la
matrona e la fanciulla. Saggi su Saba e Campana, Tutto l’Inferno. Lettura integrale
della prima cantica del poema dantesco, L’ultimo cuore del novecento. Paesaggi per
la poesia.
La letteratura ha avuto sempre (o, almeno, fino a questi ultimi tempi) come solida
stanza che resiste nel trascorrere della storia vincendone gli orrori e gli errori e le
vanità e le illusioni, figure esemplari, perché sapienti della parola, esperti, ben
consapevoli della scrittura dalle origini classiche ed ebraiche fino alla
contemporaneità e, al tempo stesso, curiosi e attentissimi della novità del discorso,
delle esigenze dell‘età e dei mutamenti, pronti a reagire con lo strumento della
poesia, alle distorsioni e ai tradimenti delle mode e delle oppressioni, nell’armonia
ben misurata tra liricità e morale.
Certamente Carmelo è uno dei modelli più preziosi che ci accompagnano e ci sostengono:
poeta lirico e narrativo, concettuale e polemico, e critico attento per l’interpretazione
più specifica degli autori della sua regione letteraria che è, poi, grande non soltanto
per dimensioni, quanto per lo spazio fondamentale che occupa nella nostra letteratura
lungo i secoli, dai rimatori siciliani, a Verga, Pirandello, Consolo, Bufalino, Tomasi
di Lampedusa, Ripellino e tanti altri ancora a me tanto cari e da me riveriti ed
applauditi. Una delle caratteristiche della poesia di Aliberti è la compresenza
della rievocazione e del rapporto con le voci dei poeti antichi (i classici in particolare) e contemporanei della
vita, della storia, delle trasformazioni della società, dello scontro tra le aspirazioni e
le emozioni della vita e le oppressioni del lavoro, degli sradicamenti dalle origini, dal
rigore arido e meccanico della tecnologia. Aliberti guarda alla grande contraddizione
della esistenza, nella necessità del lavoro per vivere e della vita che, di conseguenza si
dissecca, si cancella, e tutto quello che rimane è il retaggio della tecnologia, altre
macchine nelle case a cui servire per tentare (ahimè non per la gioia vera, ma per la
luce dell’anima), di non vedere e non sentire l’angoscia e l’oppressione. C’è una
sicura costanza nella vicenda poetica di Aliberti nel lungo arco di circa 50 anni, ed è
fortemente riservato e distintivo della sua ricerca: la passione morale e politica
sempre espressa con un linguaggio aspramente espressionistico nella varietà
ricchissima e singolare e originale delle metafore, tese fino all’estremo del grido e
della visione. Proprio per tale scelta Aliberti si avvale di una lunghissima serie dei
nomi della sua geografia siciliana, e in questo caso è il suono a diventare l’eco
efficacissima di messaggi. Al linguaggio raffinato e calcolatissimo si unisce il possente
risonare della topografia dove il poeta scrive o a cui guarda o che ricorda come spazi
percorsi o amati o immaginati o conosciuti sull’atlante del segno o dalla curiosità del
mondo. Pochi sono i componimenti di Aliberti che rimangono raccolti dentro la liricità
contemplativa, descrittiva, amorosa: sono quelli dei primi tempi della sua esperienza
e delle sperimentazioni poetiche e appena qualche segno si ritrova in tempi
successivi, degli anni successivi, degli anni novanta e intorno, quando si volse alle
memorie d’affetti e di incontri, con le manifestazioni di momenti di vita che pure
l’hanno nutrito, aiutandolo a non cedere o all’elegia o a parlare sempre delle verità
della storia per il tramite della bellezza della parola. Penso ad un componimento
splendido per ampiezza e sapienza, di respiro e di immagini come “Aiamotomea”,
dove i luoghi attraversati dalla poesia diventano mito e i miti antichi a loro volta si
concretano mirabilmente nel percorso della vita e del pensiero. Un altro aspetto della
poesia di Aliberti è la costruzione frequentissima del poemetto, anche molto ampio.
E’ sì, il caso di Itaka, che l’autore chiama dramma lirico, ma tanto lirico non è, quanto
piuttosto visione e avventura di immagini e di riflessioni, con la tensione estrema
sempre delle metafore e delle congiunzioni di attualità e di tradizione, di nomi
terragni e petrosi della Sicilia e di dichiarazioni di poetica ed echi d’altri poeti con i
quali raffronta la sua creazione. Itaka è il futuro, in quanto è la durata della poesia. Il
dramma lirico si sostanzia soprattutto di pensiero e di fervidissimi accordi di
metafore, nervosi e solari (sulla lama del lido, frangiflutti delle nuvole, ghirlande
insanguinate delle città sgomente. “ Il tuo risveglio”, tanto raffinato e prezioso, il
poemetto è in undici lasse, nell’aspirazione ottimamente raggiunta , di raccogliere la
totalità delle esperienze del passato (la Scuola per esempio) e dei passaggi ricuperati
e riesposti nella rievocazione della poesia, dalle lotte morali e del sogno vivo dei
sentimenti (la lassa X, altissima, sublime), dalla conversazione con altri poeti e altra
poesia, dall’ascensione alla cosmicità, delle metamorfosi continue dei punti di vista,
concreti o ideali, attuali e utopiche e sempre tuttavia le rappresentazioni sono
sommosse dalla metafora impreveduta, fulminante e rivelativa. La misura tipica della
poesia di Aliberti è, appunto il poemetto scandito in lasse di diversa ampiezza. Forse
proprio per questo il poeta mescola le date di composizione dei testi, che pure
sarebbe stata canonica: importa la costanza del metodo e della struttura, perché la
varietà del discorso e dell’annodamento delle metafore è sostenuta dallo spazio
grandioso della predicazione e della rappresentazione poetica. Guardo con
partecipazione appassionata alle quattordici lasse; ”Il mattino scalpita”, alle dieci di
“Sul Pino”, alle sei di “Una scimitarra” ( più breve, ma è uno dei testi più concentrati e
intensi, sia per alacrità di pensiero e ricchezza di metafore, nella reinvenzione dei
passaggi e delle stazioni),alle dodici di “Tra ombre balzo”, dove il paesaggio amato e
contemplato viene dolorosamente scoperto nelle ferite della violenza delle
speculazioni e delle offese della bellezza è l’unica capace, non di riscattarla, ma
almeno di rivelarla come l’effetto del male dell’economia, delle oppressioni, dalla
servitù, alla schiavitù del potere e del guadagno.La dodicesima lassa di questo
poemetto è una sigla efficacissima per questo strenuo confronto tra la visione e la
realtà:
”Sul filo spinato dei miei versi
il Vento dell’Etna trascina
il tuo lamento sassoso
mentre consumo il mio dissenso
sulla storia incestuosa”.
Tocca al poeta esprimere il suo rifiuto della storia che va verso un futuro di sconfitta
e di delusione, di tetra accettazione del poco ben benessere e di impoverimento
dell’anima nel disfarsi del bene di un tempo, della natura che adesso soltanto la
parola poetica può rievocare, con tanta più efficace varietà di immagini, quanto più
se ne avverte la precarietà. Il poemetto “C’è una terra tra l’Etna e il mare” nelle sei
ampie lasse aggiunge a alla invocazione e alla reinvenzione del paesaggio amato, con
tutti i nomi favolosi ed enigmatici i personaggi della doppia identità della nostra
storia, la memoria delle lotte e delle nostre aspirazioni al futuro e alla liberazione e
dalle oppressioni economiche e morali. E gli aspetti dell’attualità, della moda e della
finta ricchezza che si concreta nelle macchine della tecnologia, pagato con il lavoro
coatto e senza soddisfazione. Certamente la poesia di Aliberti è poesia civile, ma
l’originalità è nella sollecitazione del discorso contro la brutta copia della realtà,
come fu in passato, e ogni tanto compare anche in questi tempi) che è lezione ed
exemplum capace di giungere a tanto, con l’incisiva creatività delle metafore. I miti
antichi che Aliberti evoca, spesso diventano i nuovi della nostra storia malata e della
passione di riscatto e di protesta. E’ davvero tanto, tantissimo.
GIORGIO BARBERI SQUAROTTI