Tra il Bene e il Male
Tra il Bene e il Male
Con le edizioni “Terzo Millennio” Carmelo Aliberti, critico letterario, romanziere e
poeta pubblica “Tra il Bene e il Male” un poemetto che si avvale della prefazione e
traduzione in francese di Jean Igor Ghidina dell’Università Blaise Pascal (Francia).
Possiamo definirlo un testamento spirituale per i nipotini Nives e Gabriel, estensibile
a tutti i bambini del globo, auspicando che in questa epoca in cui vigono corruzione e
mancanza di fede, non si smarriscano e vivano coltivando il Bene.
Ci appaiono da commossa ispirazione, i due fanciulli che attendono i doni di Natale,
perché sono stati ubbidienti, perché il maggiore ha aiutato la sorellina e questa la
mamma a preparare i dolci per il papà. È un quadro famigliare in cui il nonno è la
figura magica che i fanciulli seguono con gli occhi spalancati quando crea per loro un
mondo fantastico di fiabe. Nella loro innocenza i bimbi incarnano nel nonno le loro
aspettative di conoscenza.
Il testamento non vuole essere per trasmissione di beni materiali, ma lezione di vita,
retaggio comportamentale a evitare le tante brutture che vediamo oggi intorno a noi,
nel rispetto delle regole che il Creatore a ognuno ha riposto nella coscienza. Sono
quei valori che per le parole e l’esempio del nonno, Nives e Gabriel serberanno in
cuore. Il rapporto affettivo nonno-nipoti è lasciato poi da Aliberti per tracciare una
mappa del mondo odierno, in cui prevaricazioni, sete di possesso e potere e cinico
materialismo dilagano.
L’uomo di oggi è incapsulato nell’ego, dimentico dell’altro, considerato un diverso,
staccato da lui e a lui indifferente.
È un grido di dolore questo del poeta, ma anche di ribellione a tanta caduta dei valori.
Mancano la solidarietà, l’aiuto a chi soffre; l’amicizia diviene interesse personale,
svanisce non appena si sia ottenuto ciò che si voleva; non vale la parola data, tutto è
sete di ricchezza. La società si regge su un’utilitarismo sterile; impoverisce il creato
inquinando, deturpando le sue bellezze, capovolgendo le principali regole proprie
della sua natura e sopravvivenza.
Nel mondo alligna anche il mostro della guerra, ora sotterraneo fra individuo e
individuo, fra stato e stato, ora palese con spargimento di sangue, devastazioni,
terrore, esodi di masse alla ricerca di una pace che pare non debba essere più
considerata un bene per la convivenza umana.
Così l’interesse, l’arricchimento, la sete d’avere, possedere, potere, spingono alla
devastazione della terra che Dio ha donato con la creazione e che è in sé un canto, un
inno all’amore universale, una poesia che nessun poeta potrà mai eguagliare.
Aliberti parla di Dio, quel Dio che ha a cuore la sua creatura: l’uomo. Dio
misericordioso e giusto che ha indicato coi Comandamenti la via del Bene. Il Male
nasce dalla scelta individuale permessa dal Creatore, avendo lasciato il libero arbitrio.
La ricerca sfrenata del sesso, la droga e la sete di denaro hanno illuso con un paradiso
artificiale, rendendo dimentichi che la vita è una moneta da spendere in azioni che
diano meriti per il Vero Paradiso, quello che ai Buoni sarà concesso nell’altra vita.
Così il mondo presenta un misero, tragico spettacolo di povertà, guerre, furti,
assassini, truffe, raggiri e carestie per milioni di uomini dimenticati dai loro simili.
Il grido di dolore qui si fa ribellione, ironia, invettiva, condanna. L’umanità è scesa al
più basso livello attraverso l’inganno, il baratto… abbandonando l’insegnamento di
Cristo che si è sacrificato sulla Croce per la Redenzione.
Si assiste alla caduta dell’eticità, del rispetto, con un sistema di vita lontana dal credo;
è un mondo in cui il poeta non si ritrova, alieno da lui, e in cui l’unica luce che superi
il materialismo risiede nelle radici cristiane.
Tuttavia in questo drammatico spettro di materialismo c’è nel poeta la convinzione
che la Provvidenza, l’amore di Dio, possa riportare la luce ai nostri giorni.
I nipotini, ascoltando e seguendo i consigli del nonno e dei genitori potranno evitare
le cadute e continuare a crescere secondo i princìpi cristiani. Li potrà aiutare anche la
poesia, un faro nei momenti più tetri della storia dei grandi autori: Omero, Virgilio,
Dante, Petrarca, Foscolo, Manzoni cha hanno lasciato orme di esteticità, ispirate dalle
meraviglie dell’universo.
Il poemetto “Tra il Bene e il Male” è un messaggio che ha valore universale e ogni
nonno potrà farlo suo per i propri nipoti.
lucio zaniboni
Con le edizioni “Terzo Millennio” Carmelo Aliberti, critico letterario, romanziere e
poeta pubblica “Tra il Bene e il Male” un poemetto che si avvale della prefazione e
traduzione in francese di Jean Igor Ghidina dell’Università Blaise Pascal (Francia).
Possiamo definirlo un testamento spirituale per i nipotini Nives e Gabriel, estensibile
a tutti i bambini del globo, auspicando che in questa epoca in cui vigono corruzione e
mancanza di fede, non si smarriscano e vivano coltivando il Bene.
Ci appaiono da commossa ispirazione, i due fanciulli che attendono i doni di Natale,
perché sono stati ubbidienti, perché il maggiore ha aiutato la sorellina e questa la
mamma a preparare i dolci per il papà. È un quadro famigliare in cui il nonno è la
figura magica che i fanciulli seguono con gli occhi spalancati quando crea per loro un
mondo fantastico di fiabe. Nella loro innocenza i bimbi incarnano nel nonno le loro
aspettative di conoscenza.
Il testamento non vuole essere per trasmissione di beni materiali, ma lezione di vita,
retaggio comportamentale a evitare le tante brutture che vediamo oggi intorno a noi,
nel rispetto delle regole che il Creatore a ognuno ha riposto nella coscienza. Sono
quei valori che per le parole e l’esempio del nonno, Nives e Gabriel serberanno in
cuore. Il rapporto affettivo nonno-nipoti è lasciato poi da Aliberti per tracciare una
mappa del mondo odierno, in cui prevaricazioni, sete di possesso e potere e cinico
materialismo dilagano.
L’uomo di oggi è incapsulato nell’ego, dimentico dell’altro, considerato un diverso,
staccato da lui e a lui indifferente.
È un grido di dolore questo del poeta, ma anche di ribellione a tanta caduta dei valori.
Mancano la solidarietà, l’aiuto a chi soffre; l’amicizia diviene interesse personale,
svanisce non appena si sia ottenuto ciò che si voleva; non vale la parola data, tutto è
sete di ricchezza. La società si regge su un’utilitarismo sterile; impoverisce il creato
inquinando, deturpando le sue bellezze, capovolgendo le principali regole proprie
della sua natura e sopravvivenza.
Nel mondo alligna anche il mostro della guerra, ora sotterraneo fra individuo e
individuo, fra stato e stato, ora palese con spargimento di sangue, devastazioni,
terrore, esodi di masse alla ricerca di una pace che pare non debba essere più
considerata un bene per la convivenza umana.
Così l’interesse, l’arricchimento, la sete d’avere, possedere, potere, spingono alla
devastazione della terra che Dio ha donato con la creazione e che è in sé un canto, un
inno all’amore universale, una poesia che nessun poeta potrà mai eguagliare.
Aliberti parla di Dio, quel Dio che ha a cuore la sua creatura: l’uomo. Dio
misericordioso e giusto che ha indicato coi Comandamenti la via del Bene. Il Male
nasce dalla scelta individuale permessa dal Creatore, avendo lasciato il libero arbitrio.
La ricerca sfrenata del sesso, la droga e la sete di denaro hanno illuso con un paradiso
artificiale, rendendo dimentichi che la vita è una moneta da spendere in azioni che
diano meriti per il Vero Paradiso, quello che ai Buoni sarà concesso nell’altra vita.
Così il mondo presenta un misero, tragico spettacolo di povertà, guerre, furti,