Caro Pier Paolo
di Dacia Maraini
Il critico letterario Carmelo Aliberti, sempre attento a discernere nel magma delle pubblicazioni i cui titoli ogni giorno affollano i media, pubblica una partecipata e interessante recensione del libro “Caro Pier Paolo” Edizioni Neri Pozza, nella nuova Collana Bloom, edito in occasione del centenario della nascita del poeta, narratore e sceneggiatore, figura di primo piano del Novecento Letterario Italiano, Pier Paolo Pasolini.
Carmelo Aliberti è un critico letterario,un poeta e uno scrittore molto stimato in Italia e all’estero;ha già pubblicato un saggio recente sull’intera opera di Dacia Maraini, di cui è un documentato conoscitore e,tra l’altro una Letteratura e Società Italiana al II Ottocento ad oggi in 10 volumi e ne ha già pronti altri due dalle Origini alla Scapigliatura e sta completando un florilegio della migliore LETTERATURA MONDIALE CONTEMPO RANEA, con una metodologia più coinvolgente. Aliberti è anche autore di due recenti romanzi “BRICIOLE DI UN SOGNO” e “IL MIO MONDO FINIRA’ CON TE”, che aprono vie nuove alla comatosa narrativa italiana contempora- nea.
L’opera, “Caro Pier Paolo” di Dacia Maraini, in forma epistolare, fa scaturire il ricordo dell’amico scomparso, con cui tante erano state le frequentazioni a Roma, dagli anni sessanta-settanta, fino alla sua tragica scomparsa.
Come per tanti altri personaggi del tempo, poeti, artisti, intellettuali, gli incontri erano a Piazza del Popolo, al bar Rosati, al ristorante La Campana… ed era per il piacere di trascorrere serate insieme a raccontarsi progetti, esperienze, speranze…
Nel commosso e commovente ricordo, riferisce che spesso egli appare nei suoi sogni “come quel giovane cinquantenne” “profeta solido dal corpo agile, sportivo, la faccia seria, non imbronciata, ma pensosa, lo sguardo sognante”.
Pasolini qui, ritorna vivo in tutta la sua grandezza di intellettuale, mentre vengono rievocate le figure femminili che gravitarono nella sua vita. In primo piano la madre Susanna, per cui il poeta aveva un culto, una venerazione, a lei aveva dedicato “un’amara e bellissima poesia”, la cugina Graziella Cerami, Elsa Morante, legata a lui da un appassionato rapporto, Laura Betti e Maria Callas, spiritualmente veramente amate. Lunga pure l’amicizia e la frequentazione con la giornalista Oriana Fallaci che lo amava come una madre ama il figlio o una sorella il fratello.
Di Pasolini la scrittrice riesce a fare risaltare il carattere di un uomo mite, generoso, sempre pronto a dare a chiunque si rivolgesse a lui.
Erano la sua penna e la sua dialettica feroci nell’indignazione, nella diatriba in un discorso pubblico, pronte a colpire il segno qualunque fosse il bersaglio, civile, politico o religioso.
La sua autorità letteraria e artistica e le sue stoccate suscitavano reazioni, tanto che nel corso degli anni aveva ricevuto più di ottanta denunce pretestuose e persecutorie.
Lo stesso era avvenuto anche per la Maraini e, a volte, ad entrambi contemporaneamente, contestazioni anche da parte di giovani rivoluzionari del sessantotto.
Scrive la Maraini: “Caro Pier Paolo, i ricordi saltano come cavallette. Sembravano corpi morti e invece eccoli vivi e vegeti, che si agitano per farsi sentire e vedere”.
E tra i ricordi la capacità discorsiva del poeta: “Tu volevi provocare ed eri bravissimo a suscitare collere, irritazioni e reazioni rabbiose. Eri contento quando riuscivi ad accendere furie viscerali e urgenti voglie di vendetta”.
Ecco, forse queste parole possono essere la chiave di lettura della morte di Pier Paolo Pasolini. Una vendetta forse, e forse di carattere politico.
Come i più sanno, la morte di Pasolini fu dichiarata come uccisione da parte di Pelosi, un giovane di vita, uno dei tanti descritti da lui, per un diverbio, in un loro incontro.
Pelosi fu sorpreso a viaggiare per Roma sulla macchina del poeta e, fermato, si autoaccusò dell’omicidio.
Già questo (la Maraini lo mette in rilievo) avrebbe dovuto rendere palese che il giovane aveva attirato su di sé l’attenzione, impedendo così che l’inchiesta e le indagini potessero procedere.
Il ricordo continua, sfilano le pagine e ritornano i giorni sul mare di Sabaudia, sul litorale di una bellezza selvaggia, dove l’autrice, Moravia e Pasolini avevano affittato Villa Antonelli, casa in cui trascorrere le vacanze.
Così, come nella fotografia in copertina del libro in cui appaiono la Maraini e Pasolini in un giorno d’estate, ritornano i ricordi: “Caro Pier Paolo, ho in mente una bellissima fotografia di te, solitario come al solito, che cammini, no forse corri, sui dossi di Sabaudia, con il vento che ti fa svolazzare un cappotto leggero nelle gambe, il volto serio, pensoso, gli occhi accesi.
Il tuo corpo esprimeva qualcosa di risoluto e doloroso”.
Per comprendere meglio la personalità di Pasolini può aiutarci anche la lettera che la grande giornalista Oriana Fallaci, gli ha inviato postuma.
Mentre ricorda i tanti momenti trascorsi insieme a lui e alla Callas, ne traccia un profilo interiore sicuramente convincente.
Uno spirito inquieto, ma dolcissimo, teso alla purezza, che considerava il sesso un peccato.
Nella contraddizione fra purezza e sporcizia, bellezza e bruttura, intelligenza e bestialità, grazia e grossolanità la ricerca dell’umiliazione in quegli incontri sordidi e detestati e voluti come una punizione.
Dice la Fallaci: “Come certi frati che si flagellano, la cercavi proprio con il sesso che per te era peccato”.
Un libro questo della Maraini che alla forza della rievocazione in forma epistolare unisce la richiesta, l’invito alla ricerca della verità.
Aliberti, al vaglio della letteratura, ci da una lettura dell’opera della Maraini con sapienza di dettato e profondità d’indagine mettendone in luce l’intensità dei ricordi e la bellezza della tessitura formale che spesso assurge a lirismo.
Lucio Zaniboni
“Supplica a mia madre”: la confessione di Pier Paolo Pasolini.
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E’ difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Pier Paolo Pasolini