L’aver custodito per circa 70 anni nella libreria di famiglia e in maniera intatta nel colore e nella struttura un caro “Cimelio” della mia giovinezza, quando pochissimi nel nostro paese potevano consentirsi la possibilità di proseguire gli studi, sapere che tu, carissimo Rosario, ora che ti sei affermato nella vita e milita al servizio dello Stato, ispirato dagli stessi valori di difesa di valori simili a quelli dei poeti, mi conferma il coraggio con cui io siglai con il respiro del cuore quei versi dedicati a Lida. Allora la purezza del mio sentimento era come l’intensità azzurro del cielo, non offuscato da alcun filamento di nuvole. Incominciavo anche la mia attività politica, sempre più illuminato dalla cultura cattolica del nostro compianto e caro sacerdote PADRE FELICE, un esemplare figlio di BAFIA,già dimenticato da chi avrebbe dovuto tenerne viva la memoria. Eppure ha fatto tanto per il paese e per le famiglie in difficoltà. La porta della Casa Canonica era aperta anche di notte, particolarmente per noi ragazzi di Bafia, un gruppo saldato da una incrollabile amicizia che eravamo il cuore pulsante del paese, a cui il parroco ci consentiva anche alle tre di notte a poter assistere ai campionati mondiali di calcio, mentre lui andava tranquillo a dormire, perchè la sveglia per lui suonava alle ore 5,30 del mattino. Tuo papà era molto amico di Padre Felice ed io molto giovane ero spesso a passeggiare o chiusi in canonica a parlare di tutto. Anche Padre Felice aveva custodito nella sua ricca libreria “Una spirale d’amore”, che il Nobel Salvatore Quasimodo, presidente del Premio Vann’Antò, organiz zato annualmente dall’Università di Messina, aveva segnalato come libro antesignano della nuova poesia. Questa mia non solo vuole essere una manifestazione di ringraziamento, ma anche un complimento ad una creatura che ha respirato la stessa limpida aria del nostro piccolo centro abitato, che ha saputo, con la forza dei nostri valori assoluti, senza aiuto alcuno, custodire sempre pulito il paese, come sincronico il battito dei nostri sentimenti. Neppure chi aveva il dovere di farlo ci aveva ignorato. La nostra più idonea attività economica si svolgeva sui monti Peloritani e Piano Margi era un punto di incontro ideale tra il nostro microcosmo agropastorale e il microcosmo dei pellegrini di Mandanici e della costa di S.Teresa Riva, una arteria di collegamento fangosa e squinternata, ma essenziale ed antica che univa la costa tirrenica e quella Ionica. L’arteria, partita da Castroreale, si era fermata a Malasà, da tempi immemorabili, dove i Tedeschi avevano durante la II guerra mondiale ,un arsenale di armi. I pastori e gli agricoltori di Bafia, partivano a piedi con la zappa e la falce sulla spalla, alle due o tre di notte, per raggiungere il luogo di lavoro, ai primi bagliori dell’alba e incominciare a dissodare la terra, prima che i raggi del sole infuocassero i loro volti, trascorrevano le ore più calde del giorno nel pagliaio e riprendevano a curvarsi sui duri solchi durante il sole calante e, mentre la sfera di fuoco si tuffava oltre l’orizzonte del promontorio del Tindari. Intanto l’Azienda Forestale aveva deliberato la creazione di un cantiere di lavoro per i moltissimi disoccupati del territorio, ma il viaggio su un sentiero scosceso, era molto pesante e difficoltoso. Questi erano i grossi problemi del paese e di quelli discutevamo ogni giorno con Padre Felice e tuo papà, a cui si univano molti altri interessati e che avevano a cuore le sorti del paese. Essendo il più giovane tra loro e anche il più consapevole del problema, in quanto fin dall’età di 16 anni, avevo incominciato ad occuparmi di politica ed aperto una sezione politica, a cui erano iscritti già 49 persone, mi incoraggiarono ad incominciare ad impegnarmi su tali problemi. Non era facile. Non sapevo da dove e come cominciare, ma fui aiutato dai deputati che incominciavano a frequentare il paese in cerca di voti. Io li accoglievo in una sede provvisoria e loro mi lasciavano il loro recapito, anche telefonico, per tutte le occasioni. In segreteria Provinciale, sapendo che io scrivevo, incominciarono ad incaricarmi di fare comizi nel territorio e di intervenire nei Congressi come rappresentate della cultura giovanile del partito. Frequentando per anni la Segreteria provinciale del partito, i rappresentanti delle correnti incominciarono a stimarmi e non mi creavano ostacoli quando portava alla loro decisione un problema. Io continuavo ad insistere per la costruzione di una strada idonea alla percorrenza delle GIP e dei lavoratori a piedi. Infine, il Presidente della Provincia, visto che nel Comune eravamo all’opposizione, mi chiese di raccogliere il maggior numero di firme di lavoratori, dei rappresentanti sindacali e di altre forze politiche di opposizione, portò il fascicolo in Giunta e in Consiglio Provinciale. Però esisteva un difficile problema: La provincia poteva spendere solo 1.000.000 milioni di lire in tutto per l’esecuzione del lavoro in piena montagna, ma non poteva iniziare i lavori, senza la concessione gratuita dei proprietari dei terreni attraversati dalla traccia. Allora con l’ing. della Provincia,ci arrampicammo lungo i dorsi delle colline e, superando ogni difficoltà, riuscimmo a realizzare un progetto. Allora, informandoci al catasto dei proprietari delle particelle attraversate, ci recammo con la 600 di Padre Felice dal barone della maggior parte del territorio che era restio a firmare, alla fine si decise, quando noi gli lasciammo intravedere che, essendo il terreno libero da ogni vincolo di piano regolatore destinato a aree pubbliche, avrebbe potuto trarre vantaggio dalla vendita di appezzamenti di terreno, ora attraversato da mezzi rotabili.La strada fu realizzata e sarebbe anche stata asfaltata, come previsto dallo studio di un ing.On.le di Messina che, in accordo con la Presidenza della Regione Siciliana, l’avevano fatto approvare presso gli organi decisionali Del Ministero LL.PP. Erano stati stanziati 40 miliardi di lire, come primo lotto, per complessivi finali di 20O.000.000 di lire. Il fascicolo con tutti i pareri favorevoli degli Enti preposti, partì dalla Regione Siciliana, ma la gente ignorò dove si era inabissato. Tuo Papà, spesso a casa mia per intrattenersi nel salone di barbiere con mio fratello, aveva sempre il “Miele sulle labbra e con noi bambini era sempre sorridente e incoraggiante. Mi seguì, con Padre Felice, finchè lo vidi a Bafia, anzi ogni volta mi chiedeva altri libri e mi lasciò il recapito, in caso di pubblicazione, di farglieli avere. Carissimo Rosario, io ora vivo a Trieste con mia figlia, mia moglie e i miei nipotini ed ho continuato a lavorare nel mondo della letteratura. Ho già realizzato oltre 100 volumi di critica letteraria,di poesia (tradotta in 15 lingue) e tra qualche giorno riceverò il mio primo romanzo BRICIOLE DI UN SOGNO, ambientato a Bafia e nell’hinterland (di cui potrai leggere sul sito della mia Rivista Internazionale di Letteratura TERZO MILLENNIO httpos://terzomillennio2009.wordpress.com– Sono stato confortato nel mio lavoro dal ricordo di sincero affetto con cui, persone come tuo papà, con tutti i loro elevati e intatti valori, mi hanno cresciuto e i semi, come mi dice il caro comune amico prof. NINO QUATTROCCHI, prezioso studioso di Bafia, tuo amico di giochi d’infanzia e impagabile ricercatore delle nostre origini e delle contrade vicine, che i semi della poesia non si perdono mai, come tu custodendo amorevolmente quel mio primo volumetto hai dimostrato.