
LETTERA A CARMELO ALIBERTI
Trieste, 19 Febbraio 2020
Caro Carmelo Aliberti,
tante volte ho avuto occasione, modo di ringraziarLa per la Sua vicinanza, la Sua generosità, il Suo interesse così libero e vivo nei miei confronti. Ma mai come questa volta, per questo regalo in occasione del mio raggiungimento di un limite venerando.
Mi sono sentito capito, accolto, accettato per così dire due volte, nelle cose che Lei scrive e nel fatto che Le scrive in poesia, che diventano poesia, creazione autonoma e non c’è niente che possa fare più piacere che l’idea di aver dato uno spunto, alla creazione di qualcosa che insieme ci riguarda ma che non è soltanto rivolta a noi. È veramente un grande regalo; apprezzo tanto di più in questo periodo così pesante che ho vissuto che per fortuna a poco a poco sta collocandosi alle mie spalle, nella misura in cui è possibile che qualcosa che ci ha arrecato dolore si collochi veramente alle nostre spalle, che non si faccia vedere. Forse non si fa vedere ma si fa certo sentire.
Comunque si riprende a camminare. Ho messo in una piccola cornice, nel mio studio, quel testo. Ogni tanto mi dico in quel testo parla più la generosità che la poesia di chi l’ha scritto che non quello che io possa essere, ma sono molto molto contento lo stesso… Quel volume dal secondo Ottocento ai nostri giorni lo prendo ogni tanto in mano, cercando ora l’uno ora l’altro degli autori.
È una galleria formidabile, direi necessaria perché ho l’impressione che oggi nel discorso letterario manchi o almeno sia poco frequente proprio quello sguardo di insieme, quel ripercorrere la storia insieme alla storia e scoprendo dunque sempre cose nuove, nei libri e negli autori di ieri e di oggi. E poi ci sono in quel libro uomini persone vivi.
Grazie ancora e un caro saluto.