
Nel recentissimo volume di versi “L’ora del bleu” di Eugenio Scalfari i testi poetici del grande giornalista-scrittore portano l’impronta della sua complessa personalità, hanno il timbro della riflessione esistenziale e autobiografica e meritano di essere letti anzitutto perché scritti da lui, da un signor Scalfari ha trovato più congeniale la riflessione filosofica. Si interroga sul fondamento della morale in Alla ricerca della morale perduta, compie un viaggio nella modernità in Per l’alto mare aperto, scava nella caverna degli istinti in Scuote l’anima mia Eros. E lo fa nel suo stile. Con le poesie compie, con una coerenza assente in campo politico, l’operazione di sempre: racconta la sua filosofia (in versi): l’Io, il Tempo, l’Eros, la Morte, la Malinconia In Una finestra sul mare parla della casa di Civitavecchia dov’è nato (gli dedica uno dei capitoli più belli anche in Incontro con Io): “Da quella finestra/ cominciò la mia vita,/ la mia memoria, la mia malinconia/ e anche il mio risentimento/ e la voglia di compensare/ non so quale torto subito.” Si possono criticare i versi finché si vuole, ma quella “voglia di compensare/ non so quale torto subito” andrebbe indagata con attenzione da chi intenda comprendere la personalità del nostro. Nei suoi libri, antologizzati nel Meridiano Mondadori, c’è la chiave per apprezzare alcune poesie: Parole intirizzite, per esempio (“Una volta le parole / diventarono solide”) riprende pagine della “morale perduta”. Filosofia in versi. Eros. Vita vissuta. Il tempo. Temi legati alla morte e alla finitudine. Il trionfo passa “lasciando il posto alla Malinconia”. Sono piacevoli queste poesie,dove Scalfari con sincerità si mette a nudo e già per questo merita d’esser letto: “Chi scrive libri – dice – parla di se stesso” (Vita amore e poesia). Al di là dello stile interessano i temi e la testimonianza de L’ora del blu:Qualche critico ha espresso una certa immotivata riserva sulla poesia descrittiva de La ribellione dei poveri: gridavano, “siamo poveri e vogliamo/ che tutti quanti siate come noi/…”. Continua: “…urlando, l’esercito dei poveri/ giunse fino al palazzo del governo/ (…) / sfondò la porta, entrò, fece saccheggio…”.Ma la tesi che affiora non viene condivisa da qualcuno: “non mi piace il concetto di Storia che emerge dal testo, come se per i poveri non possa esserci riscatto sociale”. La chiave di lettura non è politica, ma stilisticamente privata veicolata in chiave dimessa e triste con strumenti linguistici epifanici di un percorso esistenziale verso il riscatto degli indifesi atavicamente beffeggiati e umiliati dalla storia delle vittime e nel riconoscimento della dignità al diritto di creature umane soffocate nell’oblio, di cui Scalfari non dimentica la carica progressista dei suoi vecchi testi, le ragioni della sinistra difese su Repubblica e MicroMega, pensa che tutto resti eternamente immobile, bruciato dolorosamente dalle sue stesse convinzioni di cambiamento con la forza delle idee rivoluzionarie marxiste, ma anche che quest’immobilità dovesse tradursi in lotta per il cambiamento . Invece oggi, in Italia, sul piano politico, Scalfari nella sua rara e preziosa coerenza intellettuale, scopre la subdolità della classe politica odierna sono destinate sempre a prevalere . La ribellione dei poveri si chiude con un’idea fissa: “…i poveri mai scomparvero:/ sono una gemma sporca/ che vive sotto un cielo senza luce.” Non c’è speranza di riscatto per gli ultimi, se non sapranno interpretare progressivamente il brulichio della luce aurea sul blu dell’agonia attuale. In tale endoscopia metaforica le parole di Scalfari sono un manifesto di attesa dell’alba di un nuovo giorno,in cui si invereranno le dolorose speranze di risorgimento interiore dell’uomo che,con la chiaroveggenza della poesia e il realismo della ragione,sapranno ritrovare il sentiero della redenzione sociale. Il prossimo oggi per Scalfari non si identifica nell’inesistente senso del diritto di chi governa, perché “Voi amate il prossimo /(…)/ ma non amate tutte le persone che lo compongono. / Moltissime non le conoscete / altre le odiate /(…)/ Amate i vostri figli / perché li avete creati / e i genitori vostri /(…)/ voi, la vostra persona, / è prossimo soltanto e unico” (Vita vissuta). Non è il massimo dell’altruismo: non si esce dalla propria persona e dalla difesa politica dell’ordine costituito che la protegge. “La vecchiaia è una bella stagione”, forse è anche l’età in cui ogni scossa alle gerarchie in cui s’è vissuto suscita paura. La società civile, il popolo, il povero che si ribellano – dice in fondo Scalfari – non disturbino, c’è chi pensa per loro. A parte questo, le poesie meritano d’essere lette. Alcune, l’abbiamo visto, anche per essere contestato. Con questo libro Scalfari ha regalato alla storia poetica del nostro paese, una parte della sua anima che è tormentata da un vissuto sociale,in cui emerge non l’uomo, ricco di risorse spirituali e umanistiche provenienti da una formazione e vocazione umanitarie,ma l’uomo zoologico,molto pericoloso per il bene comune. Con questa conclusione, Montale nel discorso pronunciato nella circostanza dell’assegnazione del Nobel,concludeva che solo la poesia potrà creare l’uomo nuovo,capace di creare una società illuminata e giusta. Ma anche dal punto di vista tecnico-strutturale. la poesia di Scalfari è caratterizzata da frequenti richiami mitologici, pregni di una calzante attualità di significati simbolici, da un sottile filo che si innalza dalla cecità dell’uomo verso i vertici di un’infinita luce, dentro cui si immerge il cuor del poeta per poter rinascere da ogni sconfitta. Di fronte ai modelli letterari del nostro tempo,Scalfari non è un esibizionista del proprio sapere,ma,indossando i panni umili della poesia, travolge il manierismo scomposto di ogni velleitario e autoreferenziale sperimentalismo linguistico che ha svuotato di significati etici la parola e crea un prototipo di poesia,adeguata a sorpassare la trincea babelica degli afoni segni verbale, e recuperare alla parola la sua completezza espressiva,nel solco della elevata preziosità esplorativa degli aneliti sommersi negli interstizi dell’anima,che diventa in Scalfari-poeta l’ancora di approdo alla metaforica isola del cielo blu,dove luccicano le dorate scintille di luce nell’attesa che brilleranno all’alba del nuovo giorno. Nel concludere,temporaneamente,questa breve nota, occorre segnalare che Eugenio Scalfari,nella moderna Babilonia linguistica,sommersa nel groviglio del caos globale,riesce a ricaricare il verso di dolcezza comunicativa,con cui guida i lettori,con rigorosa razionalità dentro il solco del proprio passato,alla ricerca dei veri sentimenti per poter riconquistare un senso profondo dell’esistenza,con cui neutralizzare la paura dell’inconoscibile,con la armonia dei versi,dove il tormentato fluire del tempo possa trasformarsi in infrangibile dolcezza di vivere. A tal fine, seleziona immagini icastiche che innalzano le pulsioni del cuore dal crudele realismo quotidiano alla sterminata prateria del mito visibile e intangibile nella stazione finale della vita,mostrando all’attenzione di tutti le proprie fragilità,le proprie ansie e i propri timori,che vivono nei cuori degli esseri viventi,di fronte all’incubo del mistero che ci avvolge,senza alcuna possibilità di fuga. Un vero capolavoro di limpida sintesi della ribellione dei popoli,incastonata nello scorrere del tempo storico,ma bisogna anche riflettere sui versi della lirica che inducono il poeta a recuperare lo sguardo puro dell’infanzia fino a quello dell’uomo maturo,in cui galleggia un’atmosfera di crepuscolare malinconia e indica,attraverso la osservazione dell’ora blu della incombente tensione del buio, trapunto dall’aureo fibrillare della stelle, rimane in attesa dei primi bagliori dell’alba,consapevole del rischioso roteare della luce nel solito cerchio del tempo e dell’esistenza, mentre i ricordi della giovinezza,la passione vibrante, la natura pulsante tra realismo e mito,la ricerca della quiete attraverso la sinfonica armonia dei versi, rivelano la profondità interiore,in cui il poeta nomade,tra il blu del mare e il blu del cielo, s’immerge in una commovente dichiarazione d’amore per la vita,che fuga ogni ombra di pessimismo e di immobilismo per avviarsi pacato e rassegnato in un diverso viaggio,
“Ora son vecchio e prima ero bambino
Cosa che cambia e non è mai la stessa
Con il mare che ha il colore dell’oblio
Nell’accecante buio del sole”
Pensieri fuggitivi
La dolce amica Saffo
Si lamenta con Eros:
tramontano le Pleiadi
al mezzo della notte
e lei nel suo letto
resta disperata e sola
col tormento dei desideri
che insoddisfatti crescono
lasciandola senza respiro.
Così la nostra vita si
dipana.
Crescono sempre e inseguono
Il ricurvo timone dell’Orsa
senza sapere
dove lo condurrà.
Anch’io son preda
Dei miei pensieri fuggitivi.
Dove vanno non so
Ma non li inseguo.
Resto sotto le stelle
Che già son morte
Ma la loro luce
M’illumina il destino
Di quel che ancora resta
Della mia lunga vita.
(da “L’ora del blu”-Einaudi,2019)
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