Di seguito la lettera di Gabriel Impaglione indirizzata a Carmelo Aliberti.
Non servono introduzioni. Non servono commenti. Prendetevi solo qualche minuto per leggerla con calma.
Lettera a Carmelo Aliberti
Ti ho letto per prima volta, in diverse poesie sparse, negli anni 80, in Argentina, grazie al poeta e traduttore Antonio Aliberti, nato a Barcellona Pozzo di Gotto e trasferito a Buenos Aires negli anni 40.
Subito incorporai nella mia piccola lista dei Poeti Italiani, accanto a Quasimodo, Pavese, Montale, Luzzi, Cattafi, Gatto, il nome tuo. Trovavo nella tua poesia lo sguardo profondo di chi andava su questo mondo verso le nuove domande, trovavo il mistero che resta sulle parole del poema come sulle corde della chitarra restano le carezze delle dita del buon musicista, quei rumori di segreto lavoro, respiro dell’uomo sui territori del tempo.
Penso che la tua opera non ritorni alle radici della grande lirica. La tua poesia è radice e fiore di grande lirismo. Meraviglia il suo profondo umanesimo. Il dolore del mondo è il dolore del poeta, la densa nebbia che ci circonda e affoga soltanto potrà sfidarsi con queste fiamme. Con questa poesia che è poesia del oggi e qui, ma con memoria, e pura vocazione costruttrice di futuro. Faro poetico.
Direi Poeta del suo tempo, consapevole di essere nel mondo (complesso, feroce), che ci dona una voce universale fatta anche dalla ricca identità siciliana.
Come far ritornare il lirismo alla nostra società, come stabilire sogni, fratellanze, impegni come pane caldo?
Carmelo, sono tempi bui. Cosi lontani dalla poesia e cosi bisognosi di poesia. Dimmi: Quando è andata via la poesia dalla poesia? Quando l’etica, la verità, la bellezza con piede nell’esilio lasciarono il vuoto alle paroline incolonnate per pura autocelebrazione, vanità pressa per talento nei talk show della cultura del nuovo secolo. (“… inquietati da un solo pensiero -/ ballo con eleganza?- Maiacovski)
Come dare avviso ai vicini che l’alba già è fiorita e possono cominciare i lavori del giorno? Mestiere di passeri e galli, il dare avviso dell’alba.
Ma vediamo i nostri paesi fermi nell’attesa (inconsapevole), i nostri vicini credendo oscuro quello che rivela le sue forme con chiarezza.
C’è tanto da fare … e c’è tanta solitudine circondata da schermi, luci, brillii, offerte, missili!
Carmelo, mi dicesti giorni fa: “la forza della poesia ci sostiene nella resistenza all’assedio di ogni male e ci regala una indescrivibile innalzamento spirituale che ci da gioia e ci innalza dalle brutture del Male e del mondo”.
E ti risposi: Incontrarci in piena resistenza non fa altro che darci ancora più forze. Sapere che siamo un pazzo pugno di “soli” non sta male, davanti alla certezza di tanto vuoto individualista, e ancora più, credo, convinto, che questo sia l’energia essenziale che ci salva la vita.
Trionferà l’amore. Lo sappiamo. La poesia è amore. Non durerà così tanto questa nebbia. Non si può nascondere il sole con un cartello di pubblicità.
E tu, in prima fila, Carmelo, con la tua poesia, ci spiegherai con umiltà – un’altra volta-, le cose essenziali, i nostri compiti nel nuovo tempo.
In viaggio dalla Sardegna, e giugno
Gabriel Impaglione
L’ha ribloggato su Monica Bauletti.
"Mi piace""Mi piace"