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CARMELO ALIBERTI– “La questione meridionale in Letteratura” (Edizioni TERZO MILLENNIO, dic. 2015)

CARMELO ALIBERTI

“La questione meridionale in Letteratura”

(Edizioni TERZO MILLENNIO, dic. 2015)

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E’ uscito il nuovo libro dello scrittore e poeta Carmelo Aliberti, intitolato “La questione meridionale in Letteratura” (Edizioni TERZO MILLENNIO- Collana Robinson Dic.2015), una nuova testimonianza delle ricerche e degli approfondimenti pluridecennali di un prezioso studioso siciliano, che ora vive ed opera a Trieste, continuando a pubblicare la sua Rivista Internazionale TERZO MILLENNIO sia in forma cartacea, che sul blog di Internet.

La questione meridionale in Letteratura” è frutto della partecipazione diretta dello scrittore alla stridente storia delle vittime trascinatesi da secoli, a soffrire e subire ogni sorta di umiliazione e di sopraffazione dai potenti governi aristocratici che si susseguivano al potere, ancorati ad uno schema piramidale sempre immutabile e sordo al dolore, alla fame e a qualsiasi esigenza di sussistenza fisica e psicologica. Aliberti, profondo conoscitore del dramma meridionale, si è sempre schierato, con l’indagine storico-letteraria, con la sua azione umana e con la costante sollecitazione ai politici responsabili dei miseri destini della società meridionale ed ha lottato, in prima persona, contro le inette o egoiste classi politiche che, sullo scanno parlamentare si adagiavano beati, senza nemmeno qualche volta presentare un progetto serio e calzante per le indilazionabili problematiche del Sud. Il loro obiettivo è stato sempre simile agli assaltatori di diligenze, teso solo a trarre vantaggi personali, con avanzamento di carriera e di potere, o di accaparramento di appalti di opere pubbliche, intestati a fedelissimi prestanome o a assumere, senza concorso e per nomina diretta contro l’articolo della Costituzione che prevede concorsi pubblici biennali o triennali per poter procedere ad assunzioni. Quindi, un’incredibile espoliazione, con diverse strategie, per lucrare pubblico denaro, da destinare al Sud, sempre più ridotto a colonia per l’espansione commerciale del Nord. L’atroce dimensione tragica dell’esistenza nelle regioni meridionali la sollevarono seriamente e concretamente scrittori e poeti meridionale, ad incominciare da Capuana e da Verga, descrivendo le profonde ferite dei servi della gleba, che morivano o per incuria dello stato unitario che non intendeva provvedere ad una qualche assistenza sanitaria, che assisteva inerme al loro precipitare nei solchi della loro disumana fatica, né gli sconfitti potevano ricorrere ai loro risparmi, perché non potevano averne, limitandosi i nobili padroni a fornire ai loro schiavi, alimenti sufficienti alla riproduzione delle forze consumate per poter affrontare il peso della fatica nel giorno successivo; né potevano contare in qualche sovvenzione statale a sostegno della loro carente produttività agropastorale, nel caso di annate con scarsa produzione. La storia de “I Malavoglia” di Verga, come anche tanti protagonisti delle novelle “Vita dei campi” e come “la povera e infelice Nedda” o il disperato “Rosso Malpelo” che si espone volontariamente ad una esperienza di morte certa nelle cave di sabbia, costituiscono esempi eloquenti di misere creature, con il nemico destino attaccato alla pelle. In tutti gli autori della presente ricerca, esistono radici o trasparenti vicende, in cui “La questione meridionale” si manifesta con vibrante accensione e con rischioso coraggio. Scrittori, come Leonida Repaci, in tuttala sua attività creativa, senza alcun timore, offrì un’impietosa radiografia dei contadini della sua Calabria e nella famosa “Storia dei Fratelli Rupe”, si scorge con commozione nelle diverse storie dei protagonisti che si protrae da una condizione si sconfitta e di amarezza, alla fase centrale di oculata organizzazione alla resistenza, fino alla predisposizione alla lotta aperta contro il nemico-padrone fascista. Esperienza vissuta da Repaci durante i giorni della guerra di Liberazione. Per rimanere in Calabria, un altro nobilissimo interprete del tragico dramma dei miseri e degli emarginati o dei morti viventi, è lo scrittore di Bovalino Mario La Cava, che come l’ostrica verghiana, volle rimanere nella sua terra, dove la bellezza e i profumi inebrianti della natura e il suo respiro confuso con quello dei suoi “schiavi della terra” costituivano l’humus segreto della ispirazione dei suoi romanzi. Egli non scrisse per trarre alcun vantaggio economico, ma solo per dare un significato concreto al suo cammino terrestre, dando voce alla sua gente che non aveva mai avuto diritto ad una voce. Si sentiva di dover compiere la sua missione di tutor del suo popolo e ciò per lui era il premio più bello. Secondo tanta critica, egli fu un grande scrittore, che godette per un certo periodo il suo momento di gloria e riuscì a pubblicare con importanti editori, ma essendo un uomo molto serio e schivo non si umiliò a bussare di editore in editore, per cui le sue opere furono destinate a un pubblico ristretto. Egli descrisse con dolore le piaghe incancrenite della sua terra, con la segreta speranza che lo stato si accorgesse del loro spento vegetare, ma la Calabria, come l’intero Sud era attanagliato da un ben radicato feudalesimo, verticisticamente organizzato, per cui ancora il Signore godeva di poteri assoluti sulla gestione dei suoi servi che, pertanto, venivano sottoposti a soprusi, beffe e sopraffazioni di ogni genere. Negli ultimi anni della sua vita, Mario La Cava visse in estrema povertà, come i suoi calabresi, continuando, in tal modo a sentirsi a loro vicini nella sofferenza e nella fame. Solo negli ultimi mesi di vita, potè usufruire dei benefici della legge Bacchelli, che gli concesse la pensione sociale, su interessamento del Sindaco del suo paese. Aliberti passa in assegna autori in lingua e in dialetto, come Sciascia e la sua perenne lotta contro la malavita che lui considerava responsabile della nuova schiavitù dell’isola, come Consolo che, anche come giornalista, dalle colonne del Corriere della Sera, oltre che con i suoi romanzi, con forti articoli combatté la stessa battaglia. Finanziari dei loro carcerieri. Ne possono essere ignorati poeti come Nino Pino e Ignazio Buttitta che della Sicilia appresentano il lamento del cuore straziato degli strati più umili. Tra gli atri, è obbligo ricordare Ignazio Silone che, in maniera magistrale, diede voce corale al popolo dei cafoni, i più bassi abitatori, i più umili, i più schiavi della storia, inermi e analfabeti, su cui si abbattono persecuzioni e violenze di stato, fino all’uccisione di tutti i “cafoni”, considerati ribelli, e adoratori di Berardo Viola, che poverissimo cercava di costruirsi una famiglia con Elvira, ma volle soccombere da eroe, dopo le violenze subite da Elvira per colpa dei fascisti. Un significativo merito deve essere riconosciuto a Saverio Strati che agli emigranti della sua Calabria consiglia di ritornare nella terra d’origine, importando i mestieri imparati fuori e intraprendere in Calabria ciò che hanno imparato in esilio, senza illudersi in aiuti che, soprattutto ora in era di globalizzazione e di delocalizzazione di molte attività, non perverranno mai. Lo stesso tema viene radiografato da Fortunato Seminara che, vibrante vigore, descrive in maniera
( c.s.)

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Informazioni su Monica Bauletti

Monica Bauletti, libri@monicabauletti.it Romanzi: -ATTACCO AGLI ILLUMINATI – EDITORE: LIBROMANIA (DeAgostini-Newton) 2014 -L’AMICA PIU’ PREZIOSA - EDITORE: LIBROMANIA (DeAgostini-Newton) 2014 -BERTA, LA LEGGENDA (PUBME.ME) 2017 -Racconto: VITE RIFLESE antologia UNA BELLA GIORNATA DI SOLE LIBROMANIA (DeAgostini-Newton) 2015 -Racconto “RESPIRO” secondo classificato al premio letterario edizione 2014 “MILLE E… UNA STORIA” e pubblicato nell’antologia del premio. -Racconto “TU NON MI AMI” numero dicembre 2014 rivista internazionale di letteratura e cultura varia “3°m TERZO MILLENNIO” fondata dal poeta-scrittore-saggista professore Carmelo Aliberti. -Racconto "MARTINA VEDE LE COSE" antologia: SOFFIA UN VENTO CONTRARIO - L'IGUANA EDIUTRICE www.monicabauletti.it

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