Siamo giunti ora nel vivo della poesia di Carmelo Aliberto.
Entriamo nel modo visto attraverso gli occhi poeta e descritto con la musicalità dei suoi versi.
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ISOLABELLA
Rivedo
la tua ala piumosa roteare
la corona di sogni siculi
sospesi sull’acqua
Il tuo respiro si fonde
al battito
e pare rovesci
il tempo la morte
Sono a un dito da te
diluito nello sguardo
ma sento
che un mare feroce ci separa
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UN ALTRO GIORNO
Un altro giorno
s’inarca sopra noi
l’armistizio è cessato
nel registro
la rete dei sogni s’è smagliata
L’uomo indugia a scomporre l’unità
e cavalcando satelliti
va a caccia dell’occulto dio
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CHOC
Rovinoso fu lo choc
di quaranta giorni d’ansia
sepolti nell’acqua piovana che cresceva
Il cuore dilaniato
la ragione turbata impazzì
e fu eroico credere
che il mondo era cresciuto a rovescio
e bisognava lottare
per la contorta geometria
dei rapporti eterni
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NEL CASOLARE
I
Nel casolare
incavato nel pendìo
un tonfo
qualche svampo
un brontolio
una impari lotta
un singulto
un vinto
una rapina
un addio all’alba che germoglia
con nuova vita
inchiodata ad una fine
II
Destati
lisciati da lucore albino
si precipitano dal vecchio disfatto
svestiti
Il lume ha cessato di svampare
Scompongono la carne tumefatta
con dita inconsapevoli
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AQUILONI NELLA BAVA DI SCIROCCO
I tuoi sogni guizzanti
aquiloni nella bava di scirocco
hanno abbattuto le pareti del dado
dove la mano infiora la tela
sono sciamati a stormi dal tuo cuore
Il filo del fiume
che annodava le tue gioie e le tue pene
s’è spezzato
ora il tuo male ed il tuo bene
bevono insieme alla foce del sangue
Sui vetri è rappreso
il grumo del fiato
e nel buio l’occhio nebbioso d’un lampione
si smorza si chiude scompare
mentre reclini
il capo sul mio petto
e io scheggiato dalla miseria scavo
dementi visioni
avvoltolate nel guscio di un sospiro
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DI MATTINA
Presto di mattina
al nitore dell’alba che vernicia
il volto terrestre
e impiuma arcobaleni
col gelo che indurisce le zolle
e imbianca i ciuffi d’erba
vedi passere cozzare nei vetri
volteggiando come foglie contro il muro
nello spazio di pochi metri
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LA VERA LIBERTA’
Finché
miseria e ricchezza
ti terranno in catene
tu non potrai sognare
la vera libertà
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ANCHE TU
Il volto del giorno s’è smarrito
Pipistrelli in volo
perquisiscono ogni angolo
protetti
La luna
spia l’alzarsi del silenzio
beffa l’acqua del fiume
Sbuca dal buio il ficodindia
che si spoglia sul pendìo
e il carrubo che è un manto d’ombra
Odi anche tu le
cagne addentare la quiete
le cadenze di gufi e di civette
che orchestrano la notte
anche tu schiudi le ciglia nell’attesa
Un mormorìo di tigli ci percuote
Sull’orlo del ricordo
Fra poco un nuovo chiarore
lambirà i nostri occhi il mondo
e riprenderà vana
la guerra del nostro giorno
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OGNI GIORNO
Ogni giorno
acrobata stremato
ripeto il tentativo
di comprendere un palpito
Ogni giorno cerco
nel guizzo dei tuoi occhi
una minuta certezza
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LASCIATEMI PASSARE
Lasciatemi passare
devo giungere
dove il sole gioca
dove il bianco divide il pane
col bimbo di colore
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TI PREGO NON PIANGERE MA IO
Ti prego non piangere ma io
debbo devotamente confessare
alla pagina bianca che mi strazia
che il mio cuore è sospeso tra due amori
uno mi incatena nel tuo sguardo
l’altro mi trascina ad altro bene
Così scodinzolo
tra le pareti dell’anima
mentre mi assale un brulichìo
insensato del niente e dell’immenso
In questa pioggia
pestata dal vento sui vetri
che gocciola tremante
nel muschio del telaio
privo di voci mi chiedo
se il passato è stato sogno
se il domani resta solo una speranza
∼∞∼
QUI
Qui
i nudi giorni
si nutrono di noia
mi brucia la tua assenza
sfoglio le pagine del male
lego affetti al disordine del cuore
e nel delirio del sangue
coperto di nebbia anch’io bevo
il quotidiano sorso del tuo fiele
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MARCO
Lo incontrai alla stazione che partiva
L’interrogai mi rispose – Vado via
in questi luoghi non ho più nessuno
la mia terra verde fiorita
non ha uno spicchio di pane per me –
Trafitto umiliato l’esortai
a sorridere sempre nella vita
per vivere in pace – Mi disse
– Sono figlio del razzismo e della guerra
il sorriso è morto per me –
Ci isolò lo stridere del treno
ed io senza ragione
mi sentii forato dalle lacrime
Più tardi appresi
che era rimasto sepolto sotto il crollo
di una miniera in Belgio
In cerchio attorno ad un tavolo del bar
racconto la vicenda di Marco agli amici
che ascoltano turbati
la vita di chi raccolto in stracci
sulle strade della guerra
tirò avanti a via d’elemosina
si trovò solo quando doveva sorridere
non ebbe pane quando aveva fame
Gli amici deglutiscono tristi
il fiato delle mie parole
in quella storia sentono ripetere
la vita di tutti loro
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ACCORDI
Nell’aria della sera
declinano onde di voci
si raggomitolano
tappeti d’ombra
Si espande col sangue
l’ansia di arrivare
e nel vento che spettina gli ulivi
che rade questa terra desolata
nel vento in cui vibra la tua voce
umana più dei sogni
scremati accordi
mi riagganciano alla vita
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IN QUESTO BORGO
In questo borgo
il mio fiato è agonia di miti
il domani è sommerso nei tuoi occhi
la speranza ha il colore dei limoni
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ATTESA
Nellatteo guscio della luna
che infarina la notte
riesamino ricordi
le tue labbra livide di vento
su cui ho misurato
matasse di certezze
i tuoi occhi smaltati d’amore
nel mio fregiare
spettri di parole
la perlata immagine
il tuo caldo fiato
e nella spietata attesa invento
uno svampo di vita disperato
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TRA LE PARETI DELL’ANIMA
Ti prego non piangere ma io
debbo devotamente confessare
alla pagina bianca che mi strazia
che il mio cuore è sospeso tra due amori:
uno mi soffia nel tuo sguardo
l’altro mi trascina ad altro bene
Così scodinzolo
tra le pareti dell’anima
mentre mi assale un brulichio insensato
del niente e dell’immenso
In questa pioggia
pestata dal vento sui vetri
che sgocciola tremante
nel muschio del telaio ammuffito
privo di voci mi chiedo
se il passato è stato solo sogno
se il domani resta solo una speranza
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NEL SILENZIO DI FEDE
Nel silenzio di fede
una donna pestata dal suo male
si torce in ginocchio ad un altare
su lastre d’incertezza
immerge le labbra nella polvere
Anche tu preghi
per cose ormai perdute
e sulla storia dei tuoi lutti
s’illumina un arcobaleno di speranza
T’appigli a ruote di luce ti dispieghi
sul ciglio d’una vita sovvertita
sotto la cupola d’un altro cielo
in un’alba innocente che si schiara
su barche di sangue
e tra gole di nuovi pensieri
decifri la strada del tuo credo
in cui è dato a ciascuno il suo
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TRA GLI ARANCI
Tra gli aranci dardeggiano
lamine di sangue
i giorni hanno il colore della ruggine
la vita il suo significato
nell’odore del pane
nel dimenarsi di falcidiati desideri
nel tuo amore macerato
I vecchi
intenti sui muri a ricordare
i giorni della loro guerra
la dura prigionia
il ritorno al paese la fame
piangono la vita che passa
e il sorriso albeggia solo
nel gioco dei bambini
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TRINCEA
No, più non chiedermi parole
troppe volte ho verniciato
di pietà il tuo volto
su cui gli artigli del tempo tessevano
maglie di rughe,
troppe volte
ti ho rivendicato
il paradiso perduto.
Ma ancora tu indugi
ad erigere patiboli
ad estirpare anime
a piallare automi
e mentre supplizi
tra brancolare di mani
cerchi tra fiumi di sangue vergine
una polivalente libertà.
Ancora nel feudo dell’opulenza
non riconosci il tuo colore
in tuo fratello che altrove
si contorce per il pane,
tu uccidi
chi abbatte le frontiere.
In queste albe estive
che grondano di luce
scorgi tra balbettii di larici
dal davanzale della tua finestra
in trame chiassose di colombi
sillabe di pace
mentre nuvole nere
cariche di morte
ti veleggiano sul capo.
Lo sguardo agghiacciato
dal vento degli spazi
non scopri la tua immagine
tuffata nel Vangelo
non inquadri
trecce di fumo che uniscono
sperduti casolari al cielo.
No non chiedermi parole
oggi nel mio cuore
c’è solo una trincea.
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CRISTO CHE PIANGI
Cristo che piangi sulle alture
di quest’anima
per secoli straziato
nella carne delle tue parole
Cristo che gemi nei tabernacoli
reincarnato nel ripudio
nell’ecumenico amore del Porziuncolo
Cristo più volte rinnegato
negli evi infami
oggi c’è chi riscava le tue pagine
dissoda chiare formule sociali
più umane più vere
spesso appannate da fumi temporali
che ti hanno decimato
Oggi qualcuno vede
che il tuo regno dei cieli
ha una topografia più concreta
di quanto si è creduto
Oggi qualcuno anche se solo scava
per fondare quaggiù la tua città
Cristo osso dei poveri
al di là di questo muro che separa
brancolano mani
di fratelli che si cercano
con fronde d’ulivo tra le dita
Cristo fratello Cristo
ai tuoi comunisti insegna
il senso della Tua Passione
ai tuoi cattolici ricorda
che il Paradiso è il sogno di tutti
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VERRA’ LA MORTE
Verrà la morte
in un momento carico di tempo
che ha consumato sorsi di speranza
a consegnarti fiori di parole
Dirà al cuore
rauco d’illusioni
che tra tetti d’ombra
con bavosi deliri
hai ricucito realtà e sogno
Dirà che ti sei contaminato
inseguendo ribelli manifesti
in cui spurgava
il fiato arroventato delle plebi
Dirà alla carne
distorta dagli aneliti dell’anima
che è stata misera
che è stata lapidata dai suoi limiti
Confiderà alla mente
che ansimando tra labirinti opachi
ha pedinato invano l’ideale
che la gioia convive col dolore
che l’esistere ha anche un altro corso
che sul binario della vita scorre la morte
che l’inferno è qui nel vizio nel peccato
E sapendo chi tu sei stato
sola presenza vera dei tuoi giorni
ti chiederà ragione degli enigmi
della peste dell’India affamata
della febbre dell’America latina
delle Furie rosse della Cina
delle nere follie di Manhattam
del Vietnam che scotta e che muore
di Israel che da millenni grida amore
dello strazio di Pasternak e fratelli
delle bandiere rosse e delle nere
del Sud che geme sotto il piede
di disattenti politici
ti chiederà ragione
dell’odio e dell’amore
della guerra e della pace
dei pensieri distorti dal tuo bene
Non verrà a ghermirti come speri
ma trainandoti su lande desolate
ti consegnerà la croce che ti meriti
ti spedirà ad abbatterti
tra i polverosi gorghi dell’eterno
Carmelo Aliberti
per la rubrica SFOGLI L’AUTORE
Monica Bauletti